Devid Biscontini, nato a Gualdo Tadino, vive e lavora in Umbria. Artista innovativo e sperimentatore, ha trovato nell’arte il mezzo più autentico per esprimere se stesso e portare avanti una ricerca che fonde tecnica, intuizione e coraggio. La sua produzione artistica si distingue per l’uso esclusivo di film plastici in polietilene coestruso a tre strati, plasmati attraverso tecniche uniche: termoformazione con cannello a fiamma libera e phon ad altissima temperatura. Questo approccio dà vita a opere che sfidano i confini della pittura tradizionale, ponendo la materia al centro della sua poetica. La ricerca di Biscontini si inserisce in una tradizione artistica che ha sempre esplorato nuovi media, superando i limiti della pittura classica. Se il XX secolo ha visto movimenti come dadaismo, cubismo e surrealismo rompere con i materiali tradizionali, Biscontini raccoglie questo spirito rivoluzionario per trasformare un materiale moderno e industriale – la plastica – in un linguaggio artistico unico. La sua “tavolozza” è composta esclusivamente da pellicole plastiche, selezionate e lavorate con precisione. Attraverso il calore e la fiamma, l’artista trasforma il materiale grezzo in un’opera d’arte, creando texture, colori e forme che sembrano vivere di un’energia propria. Questo processo richiede una profonda conoscenza della materia e una sensibilità che permette di operare sul sottile confine tra controllo e casualità. Biscontini stesso afferma di non riuscire a immaginare l’uso di colori tradizionali nella sua pittura. La plastica è per lui un’estensione naturale del suo essere artista, un materiale che risponde e corrisponde a una sorta di affinità elettiva. Eppure, il suo lavoro va oltre il virtuosismo tecnico. Non si tratta di un mero esercizio di trompe-l’oeil o di imitazione: è una dichiarazione di libertà creativa, un atto che demistifica e al contempo nobilita il materiale moderno. Il processo artistico si sviluppa per stratificazioni di film plastici, che vengono lacerati, fusi o trasformati in forme dinamiche e inaspettate. L’effetto finale è un impatto visivo straordinario, in cui la materia inerte si anima di vita propria, rivelando energie latenti e sorprendenti. Le opere di Biscontini evocano una varietà di influenze, dall’astrattismo allo spazialismo, ma evitano di ancorarsi a uno stile definito. La sua pratica è istintiva, guidata da un impulso creativo che rifiuta schemi e categorizzazioni. I suoi lavori spaziano tra campiture di colore puro, segni biomorfici, geometrie dinamiche e arabeschi in continua evoluzione. Ogni opera è una provocazione visiva, uno shock che invita lo spettatore a interrogarsi sulla natura dell’arte e della materia. Per Biscontini, l’arte è il più serio dei giochi, un’esplorazione che non ha mai fine. La sua “anarchia inventiva” e la sua determinazione lo portano a sfidare continuamente se stesso e i confini del sistema artistico. La libertà estrema con cui lavora si traduce in una “iconosfera” vibrante, dove la plastica diventa simbolo di un vitalismo sensuale e sorprendente. In un mondo in cui l’arte tende spesso a conformarsi a regole e mercati, Devid Biscontini rappresenta una voce fuori dal coro, un alchimista contemporaneo che trasforma il banale in straordinario, ricordandoci che l’arte è, prima di tutto, una questione di libertà e passione.
Come hai scoperto il tuo interesse per l’arte e cosa ti ha portato a scegliere il film plastico come materiale principale delle tue opere?
Ho sempre avuto passione per l’arte e per i lavori manuali, fin da piccolo ho lavorato alluminio, ferro e legno. Nella mia ricerca ho sperimentato anche con altri materiali, quali il polistirolo e il plexiglass ma quando sono arrivato al film plastico ho sentito che mi avrebbe permesso di esprimermi al meglio lasciandomi la libertà di poterlo lavorare sia in pittura che in scultura.
Quali influenze artistiche o esperienze personali hanno maggiormente plasmato il tuo stile?
Sicuramente l’Art Autre da definizione di Tapié – che racchiude in questa l’informale, l’espressionismo astratto e il gutai- è stata una strada che ho seguito: infatti i miei lavori diciamo “pittorici” riprendono, unificandoli, tutti gli stili formandone un’unica opera.
Nella scultura non ho seguito nessuna influenza artistica specifica: è un’espressione personale in cui sicuramente mi è di ispirazione l’immagine femminile.
Il tuo lavoro richiede un controllo molto preciso del materiale e del calore. Come bilanci il rischio e la creatività durante il processo?
Fare l’intero quadro è un rischio, tutto il lavoro è molto veloce: la permanenza di qualche secondo in più della fiamma potrebbe comprometterne la riuscita. L’immagine che vado a comporre è pura espressione irrazionale con un filo di tecnica acquisita durante le realizzazioni.
Ci sono stati momenti in cui il materiale ha risposto in modo completamente inaspettato, cambiando la direzione dell’opera?
Quando il materiale risponde in modo inaspettato bisogna valutare molto bene il nesso tra casualità della formazione dell’immagine e volontà. Sicuramente tengo conto durante un lavoro anche dell’aspetto casuale, ma non è il principio cardine che regola il mio operato.
La plastica è spesso percepita come un materiale industriale e inorganico. Come rispondi a chi vede un contrasto tra il tuo mezzo e l’idea tradizionale di arte?
Io credo che l’espressione artistica di un individuo possa essere realizzata con qualsiasi cosa o qualsiasi materiale. Quando un artista trova il suo materiale trova la sua libertà.
Nei tuoi lavori, quanto è importante la narrazione rispetto alla pura esplorazione materica?
Credo che i due aspetti si equivalgano pur non determinando nessuno dei due la realizzazione dei miei lavori, con delle differenze però: quando realizzo un quadro, tranne per alcune eccezioni (penso alla serie realizzata per Hera), non stabilisco prima in maniera dettagliata cosa andrò a fare, mi lascio trasportare, per cui non posso sapere in precedenza quale narrazione avrà; il 99% dei miei lavori non ha un titolo. Nella scultura invece a volte parto con una narrazione prima della realizzazione. L’esplorazione materica è sempre presente e più realizzo lavori e più mi identifico e riesco a lavorare la materia con fiducia.
Quali emozioni o riflessioni speri che le tue opere suscitino negli osservatori?
Qualsiasi…Non sono io a sapere quali emozioni gli osservatori provano nel guardare una mia immagine: mi piace però ritrovare in chi guarda la libertà di esprimere una propria sensazione con cui entrare in risonanza ed a cui ispirarmi.
Hai notato se il pubblico interpreta i tuoi lavori in modi che ti sorprendono o ti ispirano?
A volte capita che chi guarda un lavoro astratto, vada a ricercare una immagine definita, una somiglianza con qualcosa di già noto o di percepito nella realtà, altre volte le persone si lasciano andare all’immagine “senza pensare” e questo mi ispira: dal confronto scaturiscono nuove idee e la voglia di rimettermi in gioco.
Come immagini che il tuo lavoro evolverà in futuro? Stai sperimentando con nuovi materiali o tecniche?
Non posso saperlo. Sono un po’ figlio dell’oggi. In questo momento è così: il materiale che lavoro ancora non ha esaurito le sue possibilità espressive, quando non lo sentirò più mio continuerò la mia ricerca.
Ci sono collaborazioni o progetti specifici che vorresti realizzare per ampliare il tuo linguaggio artistico?
Vorrei stabilire un rapporto “vero” con un Manager, una galleria oppure un giornalista del settore, per iniziare una ricerca insieme e non solo essere una risorsa economica.
Qual è la tua opinione sul ruolo dell’artista nel mondo contemporaneo, soprattutto in relazione alla sostenibilità e all’uso di materiali non convenzionali?
Credo che possa dare un grande contributo nell’attuare una trasformazione di materie e materiali elevandoli a lavoro d’arte. Tuttavia, ad essere sincero, non è stata questa motivazione a portarmi all’utilizzo del materiale plastico, al quale sono arrivato sperimentando alla ricerca di una forma espressiva che sentissi mia.
Come vedi il tuo lavoro inserito nel panorama artistico attuale?
Credo di essere in linea con il tempo che vivo. Il materiale che uso e i lavori che ne derivano rispecchiano la realtà che mi circonda.