EMANUELA GRECO

EMANUELA GRECO

Emanuela Greco, classe ‘94, pugliese doc, conosciuta come Emy Grace. Sin da piccolissima, ha sempre avuto le idee molto chiare: voleva fare l’attrice. Salita su un palcoscenico all’età di tre anni, ha proseguito fino all’adolescenza, spaziando diversi stili di danza, tra la classica, la moderna, l’artistica, la contemporanea, video dance e il burlesque. Vittima di bullismo e mobbing, per moltissimi anni e sin da tenera età, l’arte l’ha salvato da depressione infantile. Dedita alla musica classica, alla pittura, al canto e al pianoforte. All’età di 17 anni, tramite un provino, viene presa come allieva dal regista Clarizio di Ciaula, così inizia la sua carriera professionale come attrice teatrale. Ormai suo mentore e padre artistico, debutta spettacoli da camera, cortometraggi, pubblicità, e testi inediti al teatro Orfeo di Taranto, nei ruoli di Có-protagonista. Nel contempo, senza perdere tempo, si laurea presso l’Università di Bari in Letteratura teatrale, e successivamente si trasferisce a Roma dove consegue il diploma in Arte Drammatica Italiana presso Teatro Azione, scuola di formazione artistica fondata da Isabella del Bianco e Cristiano Censi. Negli anni si affacciata, anche, al mondo della regia e dopo diversi lavori, ha la possibilità di stare accanto al regista Andrea Baracco, grande nome del nostro teatro contemporaneo. Negli ultimi anni, Emanuela, non si ferma, inizia a lavorare con la produzione cinematografica indipendente di Orefilm, grazie alla quale ha avuto l’onore, tramite la realizzazione di un cortometraggio che la vede protagonista, di essere nominata ben due volte nella categoria come migliori attrici. Adesso è in lavorazione del suo primo lungometraggio, sempre firmato Orefilm, che la vede nuovamente protagonista. 

Qual è stato il momento in cui hai capito che il teatro era il tuo futuro? C’è un episodio in particolare che ha rafforzato questa convinzione?

Si, la mia infanzia difficile, un insieme di anni non facili per una bambina troppo piccola. Il teatro mi ha LETTERALMENTE salvata nella vita, a lui sono devota, anima e corpo, devo tutto.

Quanto ha influenzato il tuo percorso di vita la figura del tuo maestro Clarizio di Ciaula? Qual è la lezione più importante che hai imparato da lui?

Tantissimo. Lui ha creduto in me. Mi ha preso sotto la sua ala, mi ha insegnato le basi, i pilastri fondamentali, del teatro e della recitazione. Ha creduto in me anche quando non ci credevo più io. Mi conosceva artisticamente come nessun altro. Mi ha insegnato che la verità è la cosa più importante. Bisogna sempre essere veri. Un attore deve imparare e poi dimenticare. Lui è vecchia scuola, quella che i giovani attori non sanno cos’e, e io ho avuto la fortuna di essere costruita artisticamente con questa scuola. Devo la mia professionalità a lui. 

Quali sono state le differenze più significative che hai notato tra il teatro in Puglia e quello romano?

Nulla, il teatro è universale, indipendentemente dal genere o dalla lingua. La differenza la fa il regista e gli attori che formano uno spettacolo. Si è una famiglia, non può essere altrimenti. Se, invece, parliamo di organizzazione teatrale, sul piano romano e pugliese, tocchiamo un argomento un tantino scomodo. 

Hai detto che il teatro è la tua linfa vitale. Come riesci a mantenere viva questa passione e a rinnovarla negli anni?

Si, è la mia linfa vitale perché se salgo su un palco a teatro vuoto, ogni particella del mio corpo e dell’universo mi dice che è quello il mio posto nel mondo. Il teatro è vivo se lo sai ascoltare. È un fuoco che brucia sempre, non si riesce a spegnere. Non so spiegare meglio di così la mia passione. Mi basta chiudere gli occhi. 

Qual è il ruolo teatrale che hai interpretato e che senti più vicino alla tua essenza?

Non c’è un ruolo che ho sentito di più o di meno di altri, mi dedico ad ognuno con la stessa devozione, sia che sia drammatico sia che sia comico. Ma se devo essere posta davanti ad una scelta il comico fa parte della mia natura. 

Come ti prepari emotivamente e tecnicamente per affrontare un nuovo personaggio?

Ogni attore studia, conosce e approfondisce molti metodi, poi impara a conoscersi e allora, così, esce fuori il proprio metodo. È una cosa molto personale, ogni attore ha il suo metodo, che non sarà mai uguale a nessun altro. Lavoriamo con l’emotività e la tecnica, e bisogna creare il giusto equilibrio. Fondamentale è il riscaldamento vocale per un attore di teatro e l’attivazione muscolare, fisica. 

Come è stato il passaggio dal teatro al cinema? Quali sono le sfide principali che hai incontrato?

Eh, bella domanda! Il passaggio è stato abbastanza destabilizzante, proprio perché parliamo di due mondi che per quanto possano essere simili, non lo sono. Hanno due tecniche diverse, due lavorazioni differenti. Le sfide davanti alla macchina da presa, sono molteplici, ciak dopo ciak, ma questa è la magia del cinema. 

Puoi raccontarci qualcosa di più sulla tua esperienza con Orefilm e sul significato che queste collaborazioni hanno avuto per te?

Importantissima, loro mi hanno vista e mi hanno scelta. E gliene sarò sempre grata. Hanno visto un qualcosa in me che nessuno ha mai notato, ma che io sola sapevo di avere. Mi hanno fatto sperimentare un nuovo genere, a me sconosciuto, anche se mi ha sempre affascinato: l’horror. Sotto sotto, mi sono sempre un po’ sentita figlia di Tim Barton. 

Come affronti il processo di recitazione davanti alla macchina da presa rispetto al palcoscenico?

Beh, decisamente con la stessa professionalità, ma con tecniche differenti. 

Cosa ti ha spinto ad avvicinarti alla regia? È stato un processo naturale o una scoperta successiva?

No, non è stata una scoperta successiva, credo sia nata in me prima la voglia di creare, coordinare, e dirigere, e successivamente la voglia di recitare. 

Quali sono stati i momenti più significativi del tuo lavoro con Andrea Baracco?

TUTTO, è stato un onore immenso lavorare per lui come sua assistente alla regia, non esistono parole che possano descrivere la mia ammirazione. Ho preso OGNI singola parola, ogni singola indicazione come oro colato nel mio bagaglio culturale teatrale. È un regista fenomenale, una persona meravigliosa. Lavorerei per lui ogni qual volta ce ne possa essere l’opportunità. È un professionista a 360 gradi. 

Ti immagini in futuro più attrice, regista o entrambe le cose?

Attrice assolutamente, ma immagino la mia vecchia come regista teatrale. 

Qual è il tuo sogno più grande come attrice e come artista?

Rido perché surreale, ma nella mia carriera fino alla fine dei miei giorni, sognerò di vincere un Oscar, cosa abbastanza irreale, ma si sogna, ecco. Vorrei lavorare con produzioni cinematografiche americane, partiamo dal semplice e fattibile. 

Ci sono ruoli o opere specifiche che sogni di interpretare o dirigere in futuro?

Si, Filomena Marturano.

Quale impatto vorresti lasciare sul mondo del teatro e del cinema?

Vorrei scardinare i cliché, vorrei far capire che gli attori versatili esistono e può coesistere il lato comico e quello drammatico, insieme, nello stesso attore. 

Come ha influenzato la tua crescita personale il rapporto con l’arte e il teatro?

Non ho memoria, da che ne ho, che ho vissuto senza arte. L’arte fa parte della mia vita, in ogni forma, in ogni misura e in ogni dimensione. Cerco l’arte intorno a me da sempre. E continuerò a cercarla perché mi risana e mi mantiene viva. Non vedo una vita senza arte. 

Hai affrontato momenti di dubbio o difficoltà nel tuo percorso? Come li hai superati?

Si, certo, solitamente ogni 3 anni circa entro in crisi. In questo lavoro credo sia necessaria la crisi perché dopo una crisi si ha una rinascita, soprattutto di sé stessi. E si scoprono cose nuove, nuovi orizzonti. L’importante è non mollare. Li ho superati non smettendo mai di recitare anche quando in teatro non ci sarei voluta andare. No. Ci andavo. Stavo lì che seguivo il flusso. Molti pensano che le crisi bisogna evitarle, invece no, le crisi bisogna viverle, bisogna seguire il flusso dei dolori o delle incertezze, bisogna starci dentro, solo così si superano e trovi nuovi orizzonti anche artistici. 

Qual è il consiglio che daresti a chi sogna di intraprendere una carriera nel teatro o nel cinema?

Questo non è un semplice lavoro, è uno stile di vita. Diventa la tua vita. Non è un semplice lavoro che uscito dall’ufficio non ti porti a casa, anzi questo È un lavoro che ti porti a casa. È un lavoro che richiede molto tempo, molta devozione, sempre studio costante. Si deve essere cosciente quando si sceglie di intraprendere una carriera come attore e non lo si deve fare per la fama o per i soldi. Mai. Mai. E poi mai. Quelli sono una conseguenza, non un obiettivo. Consiglio di fare questo lavoro con amore, passione e molta fame di scoprirsi e far sognare loro attraverso te. 

1 Comment

  1. Mimmo

    Bellissima e bravissima. Non vedo l’ora di vederla al teatro.

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