GIOVANNI ROMANELLI

GIOVANNI ROMANELLI

Giovanni Romanelli nasce a Jesi (AN), nel 1985. Il seme dell’arte germoglia nel terreno fertile della sua famiglia e già in adolescenza inizia ad interessarsi di pittura astratta e a sperimentare, coltivando la sua crescente passione. L’isolamento forzato durante i mesi del Covid gli fornisce l’occasione di centrarsi e focalizzare la sua energia creativa. Da questo nucleo iniziano ad emergere i suoi volti, tristi, malinconici, solcati da crepe e rughe, occhi graffianti, dai quali traspare una sottile tragedia che giace in sottofondo, e che richiama a volte le grandi tragedie dell’attualità. Eppure, i colori esplodono alla vista di chi guarda, netti, brillanti, trasformando questi volti in pura energia e vitalità. La vita e la tragedia diventano una cosa sola, si fondono, perché prendere atto della tragedia è il primo gesto di rinascita e di ritorno all’amore per la vita. Ed ecco che assumono senso compiuto i tratti distintivi delle sue opere, quella lacrima che scende spesso dagli occhi dei suoi personaggi, e quel cuore rosso, vivo, intenso, sempre pulsante, proprio come la sua arte.

In che modo la tua famiglia ha influenzato il tuo percorso artistico e l’amore per l’arte?

Sono cresciuto circondato dall’arte a 360°. A partire da mio nonno paterno che, per hobby, costruiva giocattoli in legno o quello materno che si dilettava negli strumenti musicali a corda, passando per mia zia, pittrice anche lei e mia sorella scrittrice. Insomma, l’arte mi ha avvolto da sempre e nello stesso tempo i miei genitori mi hanno sempre lasciato la libertà di esprimermi e sperimentare varie forme d’arte senza condizionamenti. Da lì ho scoperto che la pittura era la cosa che sentivo più mia. 

C’è stato un momento specifico durante l’isolamento dovuto al Covid in cui hai capito che la pittura sarebbe diventata centrale nella tua vita?

Assolutamente, nel primo lockdown dipingevo gran parte della giornata e dai miei astratti ho iniziato a tirar fuori dei volti. Avevo capito che quella era la mia essenza e il massimo della mia espressione 

I tuoi volti riflettono spesso emozioni profonde come tristezza e malinconia. Cosa ti ispira nella creazione di questi personaggi?

Sono una persona molto socievole e gioiosa ma con profondi lati malinconici. L’ispirazione quindi, viene proprio da me, dal mio essere e da questo contrasto di emozioni estreme ed opposte. 

Come scegli i colori brillanti che caratterizzano le tue opere? C’è un significato particolare dietro queste scelte cromatiche?

Ho mantenuto le scelte cromatiche che usavo negli astratti, quindi, nella maggior parte delle opere, colori freddi all’esterno e caldi nella parte centrale. Queste esplosioni di colori per me rappresentano la gioia, l’allegria e l’entusiasmo. Un “carnevale” che urla l’inno alla vita andando a scontrarsi sul volto triste. 

La lacrima e il cuore rosso sono elementi distintivi delle tue opere. Qual è il messaggio che desideri trasmettere attraverso di loro?

La lacrima è un’emozione muta, che rappresenta la massima espressione di uno stato d’animo. Si piange per estremo dolore o per estrema gioia. Il cuore rosso è il simbolo dell’amore, responsabile di ogni nostro gesto, che deve essere presente in qualsiasi forma. È disegnato in modo scolastico, quasi infantile, per ricordare di non perdere mai il nostro bambino interiore. 

Come descriveresti il tuo processo creativo? Parti da un’idea, un’emozione o lasci che tutto emerga spontaneamente?

Parto da un’idea che di solito è figlia di un’esperienza vissuta in prima persona, raccontata o letta in un libro o film. Ma capita spesso che durante il processo cambi completamente tematica e venga trascinato dalle emozioni del momento e dalla musica che mi accompagna costantemente. Quindi posso dire che quando inizia il mio processo creativo, non so assolutamente dove arriverà e cosa ne uscirà fuori. Questo mi porta ad avere una curiosità verso me stesso estremamente divertente ed emozionante. 

In che modo le grandi tragedie dell’attualità influenzano le tue opere e il modo in cui rappresenti i tuoi volti?

Si spera sempre in un mondo migliore, ma l’essere umano cade ogni volta negli stessi errori da sempre. Le guerre, le ingiustizie, la discriminazione, il razzismo sono profonde tragedie attuali che ho a cuore e che rappresento nelle opere per evidenziarle. Le crepe, ferite, rughe, occhi graffianti, sono il messaggio di rappresentazione. 

Quali artisti o movimenti artistici consideri come fonte d’ispirazione per il tuo lavoro?

Ho tantissime influenze artistiche. Picasso è il punto di riferimento da sempre, so tutto di lui, sono arrivato a chiamarlo “nonno Pablo”. Mi sembra di averlo conosciuto realmente. Amo anche la street art, su tutti Basquait e Haring per il loro tratto infantile con messaggi importanti. Nel periodo astratto (che continuo a portare avanti sporadicamente) mi piaceva tantissimo Pollock. 

Che ruolo gioca la rinascita nel tuo approccio artistico e come cerchi di comunicarla attraverso le tue opere?

Fondamentale. Dalla tragedia abbracciata e accettata, germoglia la rinascita. Gli orologi simbolo del tempo che cura, la farfalla, regina della rinascita, appunto, sono i simboli che maggiormente la rappresentano nelle mie opere. Voglio che all’osservatore arrivi proprio questo, un mix di emozioni forti che si conclude con un messaggio di speranza e gioia nel vivere la vita per quello che è, un fantastico viaggio. 

Quali progetti o obiettivi hai per il futuro? Hai in mente nuove tematiche o stili da esplorare?

L’arte è sempre in evoluzione, quindi questi volti andranno in un qualche modo a cambiare, magari con nuove tematiche e con altre emozioni. L’obiettivo ambizioso è quello di crescere sempre di più in Italia divulgando le mie opere e donando emozioni. Ho concluso il 2024 in modo stupendo ed il ‘25 è iniziato con nuove mostre già organizzate. Sarà bellissimo.

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