EVA ANTONINI

EVA ANTONINI

Eva nasce a Rapperswil (Svizzera), luogo d’infanzia, di adolescenza e di studi. Acquisisce i primi rudimenti artistici dal padre, dotato di grande manualità e talento, che la vita purtroppo non gli ha concesso di espletare. Fin da bambina mostra una naturale predisposizione a plasmare la creta, materia che più tardi prediligerà, unitamente a marmo e bronzo, nella creazione di sculture di medio e grande formato. Dal 1981 al 1985 vive a Ginevra dove muove i primi passi nel mondo del lavoro, seguendo al contempo anche una formazione commerciale e linguistica, arricchita da numerosi viaggi (Inghilterra, Italia e Stati Uniti con tappe nel Medio ed Estremo Oriente). Nel 1985 si trasferisce nel Canton Ticino con l’intento di approfondire le sue conoscenze linguistiche, in particolare dell’italiano e dell’inglese. Dal 2002 orienta in modo definitivo la sua scelta professionale verso il settore artistico. Nel suo percorso formativo acquisisce nozioni fondamentali sui materiali scultorei, quali la creta, il gesso, l’alabastro e il marmo e, allo stesso tempo, segue corsi di specializzazione e frequenta gli atelier di maestri scultori quali Oreste e Antonio Quattrini, Giorgio Eros Morandini, Ettore Greco e Usama Alnassar. Nel 2003 partecipa alle prime esposizioni collettive e nel 2005 ottiene un premio per la scultura dalla Biennale Internazionale di Arte Contemporanea di Firenze. Nel 2006 riceve il primo incarico per la creazione di una scultura in bronzo, destinata ad un grande giardino botanico, a cui ne seguiranno altri. Dona diverse opere in occasione di aste di beneficenza a favore di istituzioni sociali. A richiesta impartisce delle lezioni private e di gruppo, mirate all’insegnamento di nozioni tecniche e di modellaggio. Prosegue, senza sosta, con la ricerca e la sperimentazione di approcci alla scultura, a cui si aggiunge la partecipazione ad esposizioni e simposi internazionali che alimenteranno gli stimoli creativi, in un costante mettersi in gioco di fronte alla creazione. La sua attività creativa si fa via via inarrestabile e concitata, soprattutto nel silenzio della notte. La possibilità di poter trasferire le sue idee sulla materia la pervade in maniera quasi ossessiva, la tormenta. Tormento che poi si alterna con l’euforia, soprattutto a opera compiuta, e alla brama e l’impazienza di cominciarne un’altra. I volumi, l’armonia delle forme, il linguaggio del corpo, la sua fragilità, il suo mistero, la sua espressività l’affascinano sempre di più. Pur lavorando anche con materiali quali il marmo e il gesso, un’attrazione profonda, quasi ancestrale, la riconduce sempre e nuovamente verso la terra che, pur essendo un materiale ostico, ha la sua predilezione. Il corpo come “traduttore” dell’anima al visibile! Seguendo questo fil rouge, Eva Antonini da nascita a frammenti di corpi e di volti impregnati dal tempo e dai segni lasciati della vita. Frammenti come una sorta di mappa del vissuto che contemplano la transitorietà dei momenti e della vita in generale. Nel 2010 e 2012, alcune delle sue opere sono selezionate per l’esposizione al Carrousel du Louvre, a cui fa capo la Società Nazionale di Belle Arti di Parigi. Nel 2018 ha luogo l’inaugurazione ufficiale del suo nuovo atelier di grandi dimensioni. Nello stesso anno ottiene il Premio della Critica in occasione di Artemilano. Nel 2020 riceve l’incarico dal Comune di Capriasca per una scultura destinata alla nuova Piazza Alfonsina Storni. Il suo curriculum espositivo collettivo e personale la vede presente in varie località della Svizzera, Italia, Austria, Spagna, Francia e Stati Uniti. In una dimensione riassuntiva della sua esperienza umana ed espressiva, Eva Antonini ama particolarmente una frase di Johann Wolfgang von Goethe: “Per sfuggire al mondo non c’è niente di più sicuro dell’arte e niente è meglio dell’arte per tenersi in contatto con il mondo”.

Cos’è per te l’arte?

L’arte è il mio rifugio segreto, il luogo in cui posso spogliarmi delle convenzioni e riscoprirmi, dove il mio essere più profondo trova una sua forma. È la libertà assoluta di esprimere l’indicibile, di tradurre idee ed emozioni in materia, in segni, in forme. L’arte è quella voce intima che parla senza parole, che comunica ciò che altrimenti non potrebbe essere detto. È un viaggio senza meta, ma che ci trasforma ogni volta che lo intraprendiamo.

Come ha influenzato la figura di tuo padre il tuo percorso artistico?

Mio padre possedeva un talento magico: riusciva a trasformare ogni oggetto che toccava in un’opera d’arte. Che fosse un disegno, un mobile, una scultura, tutto prendeva vita nelle sue mani. Ho sempre osservato con ammirazione il suo modo di vedere il mondo, di renderlo tangibile attraverso l’arte. In lui ho trovato una fonte di ispirazione continua, e ho cercato di seguirne le orme, sperando di cogliere anche solo una piccola parte di quella sua magia.

Qual è il materiale scultoreo che senti più vicino alla tua espressione artistica e perché?

Per anni la creta è stata il mio compagno più fidato. La sua malleabilità, la sua sensibilità sotto le dita, mi permettevano di modellarla come un’estensione di me stessa. È un materiale che risponde, che si adatta ai miei desideri e alle mie emozioni. Tuttavia, da qualche tempo, ho sviluppato un’attrazione irresistibile per il marmo, le pietre e i fossili. Questi materiali hanno una forza primitiva, un’energia che affonda nelle radici del tempo. Loro non cedono facilmente, eppure, attraverso di loro, riesco a fare i conti con la mia stessa resistenza, e con la bellezza che si nasconde nelle sfide.

Come nascono i frammenti di corpi e volti che realizzi?

C’è un processo specifico che segui? La creazione di ogni frammento è un cammino tortuoso, fatto di continue oscillazioni tra forme positive e negative. Ogni scultura nasce da una lunga ricerca, da un continuo sforzo di sperimentazione, di tentativi e fallimenti, fino a trovare la forma che finalmente risuona in me. Ogni errore è una lezione, ogni successo una nuova consapevolezza. È un processo in divenire, che si nutre di pazienza e passione.

In che modo i viaggi e le esperienze all’estero hanno arricchito il tuo lavoro artistico?

I miei viaggi sono sempre stati esperienze fuori dagli schemi, spesso difficili, ma profondamente formative. Mi hanno forgiata e insegnato a superare le difficoltà con resilienza. Le esperienze all’estero non solo hanno arricchito la mia visione del mondo, ma hanno anche alimentato la mia curiosità per le sfide. Oggi, più che mai, sono attratta dalle situazioni che sembrano irrisolvibili, perché è proprio lì che risiede il vero potenziale creativo.

Qual è stata l’opera o il progetto che ti ha dato più soddisfazione fino ad oggi?

Un progetto che porto nel cuore è senza dubbio l’installazione “Uguali nella diversità”, una serie di sette teste monumentali allestite in un parco del Ticino, in Svizzera. È un’opera che parla di identità, di diversità e di unione, che si fa sentire nell’armonia di forme e significati. È stata una sfida complessa, ma la sua realizzazione ha rappresentato per me una vera e propria conquista.

Come vivi il contrasto tra il tormento creativo e l’euforia che descrivi durante la realizzazione delle tue opere?

Il processo creativo è per me una danza tra luci e ombre. All’inizio di ogni opera, sento una tensione palpabile: è un’energia che mi invade, un’agitazione che mi spinge a fermarmi e riprendere più volte, finché l’opera non inizia a prendere forma in modo naturale. Ma quando finalmente l’idea si concretizza, quando la scultura si rivela nella sua completezza, allora tutto cambia. È un’esplosione di liberazione, di euforia, di gioia: come se un peso fosse sollevato, lasciando spazio solo alla bellezza e alla soddisfazione.

Quali emozioni o messaggi speri che il pubblico percepisca osservando le tue sculture?

Desidero che chi osserva le mie opere si senta avvolto da un senso di pace, di serenità, come se ogni forma fosse una sorta di riparo temporaneo. Voglio che si percepisca una dimensione di sogno, di abbandono: un invito a fermarsi, a riflettere, a lasciarsi trasportare dalla quiete che ogni scultura può suscitare.

Ci sono nuovi materiali o tecniche che ti piacerebbe sperimentare in futuro?

Sì, la mia curiosità mi spinge a esplorare combinazioni inusuali, come il legno e il cemento, o il bronzo e il marmo. Mi affascina l’idea di mescolare materiali apparentemente inconciliabili, di creare contrasti che siano al tempo stesso armoniosi e inaspettati. Ogni nuovo materiale è una nuova sfida, un’opportunità per evolvermi come artista.

Come interpreti la frase di Goethe che tanto ami in relazione alla tua arte e alla tua visione del mondo?

“Per sfuggire al mondo non c’è niente di più sicuro dell’arte e niente è meglio dell’arte per tenersi in contatto con il mondo”. Questa frase di Goethe racchiude perfettamente il mio rapporto con l’arte: essa è il mio rifugio in momenti difficili, ma anche la mia connessione con tutto ciò che mi circonda. In un mondo che spesso può sembrare caotico, l’arte è il mio strumento per dare un senso, per rimanere autentica e allo stesso tempo parlare a chi mi osserva. È il mio spazio sicuro, ma anche la mia finestra sul mondo.

Sogno nel cassetto?

Il mio sogno nel cassetto è quello di creare una rete di artisti, un’associazione in cui si possano condividere esperienze, tecniche, sfide, successi e insuccessi. Un luogo di crescita collettiva, dove ogni artista possa esprimersi liberamente, confrontarsi e, soprattutto, non sentirsi mai solo nel proprio percorso. Purtroppo, oggi questo spirito di comunità sembra diminuire, ma credo che ci sia ancora tanto da costruire insieme.

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