ALEX PRETI

ALEX PRETI

Alex, nato a Milano nel 1978, è un pittore e disegnatore. Dopo aver frequentato il Liceo Artistico Umberto Boccioni di Milano, ha intrapreso la carriera di progettista e modellista nella creazione di figurini statici da collezione, lavorando anche come illustratore per calendari, locandine di eventi e prodotti filatelici. Un periodo fondamentale nel suo percorso artistico è stato un viaggio di tre anni tra Messico e Guatemala, durante il quale ha realizzato una vasta produzione di disegni, oggi appartenenti a collezioni private. Tornato in Italia nel 2008, si è stabilito nella campagna cremonese e si è dedicato principalmente alla pittura a olio. La sua arte affonda le radici in un’estetica classica, ma si sviluppa attraverso un linguaggio simbolico, psicologico e metafisico. Le sue opere esplorano temi come il sogno, i Tarocchi e l’inconscio. L’ultimo ciclo, intitolato XIII, indaga il significato e le suggestioni legate al tredicesimo Arcano maggiore dei Tarocchi. Dal 2009 ha esposto in numerose gallerie, tra cui Artemax e Art Ganò di Napoli, PuntoArte di Pozzuoli e Unique di Torino. Nel 2011 ha presentato Ritratti di viaggio al Circolo della Stampa di Milano, con la curatela della professoressa Maria Luisa Alesina, partecipando anche alla trasmissione televisiva InfoPoint su Lombardia Channel. Ha preso parte a collettive di rilievo, come quella a Palazzo Serra di Cassano per Rivive la Napoli dei Sedili, realizzando un’opera di grande formato e l’annullo postale speciale di Poste Italiane n. 998 Il Palio dei Sedili. A livello internazionale, ha esposto in Francia, presso Chateau Des Reaux (Chouze sur Loire), e in Svezia, alla Bellange Art Gallery di Stoccolma e al Culturen Västerås. Dal 2009 al 2020 ha illustrato i calendari UNISIN (Unità Sindacale dei Lavoratori Bancari FALCRI SILCEA SINFUB). Dal 2021 alcune sue opere sono presenti presso il Museo Civico del Presepe e la Pinacoteca della Natività di Rivisondoli. Nel 2024 ha partecipato alla mostra OVERSIZE presso IKONICA Galleria d’Arte di Milano e ha ricevuto il premio speciale La Grande Bellezza a Palazzo Priori di Volterra, dove ha inaugurato la personale XIII, un singolare viaggio nell’iconografia dei Tarocchi, presso Prompt DSGN Studio. Il suo lavoro sui Tarocchi nasce da un interesse per il loro valore simbolico e psicologico, piuttosto che divinatorio. I Tarocchi rappresentano emozioni, esperienze e aspetti profondi della psiche umana attraverso immagini evocative. La serie XIII esplora il tema della trasformazione attraverso la figura della scala, simbolo di passaggio tra livelli di coscienza. Le sue opere ritraggono scale immerse nell’ombra dell’inconscio, che salgono verso una luce sconosciuta, suscitando interrogativi sulla natura stessa del percorso umano.

Cos’è l’arte per te? 

Una costante esperienza percettiva che coinvolge ogni aspetto del vissuto e ne condiziona, nel bene o nel male, ogni sfumatura. È quella linea di confine che mette in comunicazione il conscio con l’inconscio.

E come definiresti la tua? 

Propongo temi e atmosfere a me cari dipingendo figure ed elementi ricorrenti. Nel processo d’elaborazione il segno, la materia e lo studio delle cromie rivestono un ruolo importante per reinterpretare attraverso delle immagini ricordi, paure, desideri e inquietudini. 

Il viaggio in Messico e Guatemala ha avuto un impatto significativo sulla tua arte. C’è un’opera in particolare che ritieni rappresenti al meglio quel periodo? 

L’osservazione, indipendentemente dal viaggio, è ciò che ha sempre fatto per me la differenza. Uno scorcio, una situazione particolare, un volto, diventano visioni di un mondo parallelo, che parla un linguaggio sottile. Di certo episodi del genere non sono mancati lontano da casa e in quadri come XIII e il Fardello del Mondo rifletto proprio sul rapporto, a volte conflittuale, nei confronti del cambiamento e dell’andare oltre. Invece, in XIII e l’Orrore dell’Esistenza, la rosa sulla scala prende spunto dal ricordo, piuttosto surreale, di un’assolata piazza coloniale messicana dove incontrai una ragazza indigena vestita di nero, immobile tra la folla indifferente, vendere rose di plastica nera. Spesso i ricordi riposano nella memoria e a distanza di tempo riaffiorano, acquisendo nuovo senso e significato. Il quadro in questione prende ispirazione dalla carta del Matto, che nei mazzi Rider Waite è raffigurato sull’orlo d’un precipizio con una rosa fra le dita.

Il tema della trasformazione è centrale nella tua serie XIII. Hai mai pensato di esplorarlo attraverso altri simboli oltre alla scala? 

Oltre che per il loro valore simbolico in quanto luogo di transito fra due mondi, ho scelto le scale per la loro presenza ricorrente nei miei sogni, sulle quali mi capita di fare incontri particolari con persone o entità anch’esse di passaggio. Tuttavia nel precedente ciclo “Lucid Dreams” ho voluto descrivere quello spazio di confine posto fra la veglia e il sonno attraverso un orizzonte bianco che taglia le figure, le nasconde o anche le duplica.

La tua formazione artistica ha avuto un’impronta classica. Ci sono artisti del passato che hanno influenzato il tuo stile e la tua visione? 

In termini di struttura compositiva e centralità del soggetto ho come punto di riferimento la grande pittura italiana rinascimentale. Rispetto ai temi proposti e a come la presenza di oggetti assuma valore simbolico, con uno spiccato richiamo alla morte, apprezzo le vanitas realizzate nel seicento da autori quali Pieter Claesz o Philippe de Champaigne. In fatto di resa pittorica, dalla gestione dei contrasti all’eleganza della pennellata, guardo con profonda ammirazione alla pittura di fine ottocento, come quella di John Singer Sargent o di Giovanni Boldini.

Come è nata l’idea di unire pittura e Tarocchi? È stato un interesse nato prima attraverso l’arte o c’era già una passione per il simbolismo dei Tarocchi? 

L’interesse per i Tarocchi c’è sempre stato, anche in famiglia. Da bambino guardavo mio padre mentre realizzava e poi ritagliava a mano un intero mazzo di tessere in cartone decorate con figure e simboli misteriosi. Senz’altro quel lavoro stimolò la mia creatività, già incline a certe suggestioni. Due anni fa capitai, consigliato da un amico, in un negozietto di esoterismo di Biella e lì acquistai due mazzi di carte. Uno lo regalai e l’altro lo tenni per me. Esaminando quei Tarocchi Visconti Sforza, sentii l’impulso di dipingere dei quadri liberamente ispirati a quell’iconografia. Non mi sarei accontentato d’una mera reinterpretazione dei soggetti, difatti i dipinti della serie non ritraggono le singole carte, ma la lettura che se ne potrebbe fare in relazione all’Arcano XIII.

Il tuo lavoro è stato esposto in molte città, sia in Italia che all’estero. C’è un luogo o un evento che ti ha particolarmente emozionato? 

Vedere le proprie opere in esposizione è sempre gratificante, ma le migliori circostanze sono quelle che non ti aspetti. Qualche tempo fa andai a Carpi per consegnare un quadro a dei clienti affezionati, che fino ad allora avevo incontrato unicamente da me in studio. Mi trovavo presso l’ufficio dove lavoravano e alle pareti vidi appese unicamente le mie opere, in pratica una mostra personale. Ne fui entusiasta!

I tuoi dipinti evocano un forte senso di mistero e introspezione. Cosa vorresti che lo spettatore provasse osservando le tue opere? 

Ai più audaci osservatori, chiederei d’usare l’immaginazione per salire con me su quei gradini e a tutti gli altri, d’essere almeno un po’ curiosi di vedere come prosegue la scalinata, perché la serie non è certo finita!

Hai illustrato per molti anni i calendari UNISIN. Quanto è stato diverso rispetto alla pittura a olio? 

Si trattava di illustrazioni per le quali ho usato acquerelli, gouache e acrilico. Così come per i ritratti su commissione, la sfida, sempre e comunque arricchente, è quella d’accontentare il cliente. Mentre con i miei quadri ad olio devo accontentare me stesso, il peggiore dei clienti!

Descriviti in tre colori. 

Nero di seppia, Terra di Siena, Giallo di Napoli. 

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