Arianna nasce a Torino nel 1985, artista poliedrica, dopo aver ultimato la formazione in restauro del libro, approfondisce lo studio di Scenografia, fitness e olistica. Diplomata in Naturopatia e Riflessologia plantare con approfondimento della tecnica Craniosacrale, continua la sua formazione con il fitness, la ginnastica posturale e la danza, iniziando la carriera come operatrice olistica, collaborando con centri estetici e associazioni culturali. In contemporanea si avvicina alla Danza aerea, disciplina che la appassiona e che capisce di voler approfondire per capirne la tecnica e la preparazione atletica. Gli studi pregressi, apparentemente opposti tra loro, si rivelano essere indispensabili per la sua attuale professione. Arianna si occupa dell’atleta a 360°, realizza allenamenti personalizzati e, nel campo della danza aerea, costruisce assieme all’atleta coreografie personalizzate, disegnando e realizzando costumi e scenografie adatti ad uno show o una gara, con particolare attenzione per i dettagli estetici e l’interpretazione.
In che modo la tua formazione in restauro del libro e scenografia ha influenzato il tuo approccio alla danza aerea e al fitness?
Il restauro mi ha insegnato a vivere con presenza consapevole: agire nel presente, senza fretta, permette di affrontare ogni situazione con lucidità. Questa disciplina mi ha trasmesso un profondo senso di responsabilità verso ciò che ci circonda, spingendomi a valorizzare e recuperare invece di scartare al primo ostacolo. In un certo senso, è una forma di meditazione, un vero e proprio approccio filosofico alla vita. Anche la scenografia ha avuto un ruolo fondamentale: oggi è indispensabile nella creazione di oggetti e allestimenti per show e competizioni, sia per me che per le/i mie/i atlete/i.
Qual è stato il momento in cui hai capito che la danza aerea sarebbe diventata parte fondamentale della tua carriera?
Tanti anni fa, durante una lezione di prova in una scuola di danza aerea. Ricordo perfettamente l’istante in cui ho afferrato un tessuto aereo: è stato folgorante. Il mio primo pensiero è stato: “Farò di questo il mio futuro!”. Da quel momento, non me ne sono mai più separata.
Come bilanci l’aspetto atletico della danza aerea con quello estetico e scenografico?
L’equilibrio dipende dal contesto. In una gara e in uno spettacolo le priorità sono diverse, quindi è fondamentale saper dosare entrambi gli aspetti. Se si punta solo su uno dei due, il rischio è ridurre la disciplina a un mero contenuto social. Ma la danza aerea è molto più di questo.
Quando crei una coreografia personalizzata, da cosa trai ispirazione? Parti dalla musica, dalla storia che vuoi raccontare o dal movimento stesso?
Parto sempre dal tema, con largo anticipo, per avere il tempo di costruire, modificare e, se necessario, distruggere e ricostruire. Poi scelgo la musica, provandone diverse fino a trovare quella che riesco a “vestire” meglio. Mi piace pensare che la musica debba essere indossata, come un abito, per valorizzarla al meglio. Segue lo studio del movimento e infine l’interpretazione teatrale, che richiede un lungo lavoro di rifinitura. Completo il tutto con la scelta del costume e delle luci. Una performance studiata a 360° diventa qualcosa di vivo, in continua evoluzione, proprio come un essere vivente.
Hai un approccio olistico alla preparazione degli atleti: quali tecniche utilizzi per migliorare la loro performance fisica e mentale?
L’allenamento non riguarda solo il corpo, ma anche la mente. Un buon preparatore deve considerare la postura, lo stato emotivo e la storia dell’atleta, comprese eventuali problematiche pregresse. È importante anche valutare se il tema scelto dall’atleta abbia un impatto comunicativo forte. Il segreto sta nel bilanciare didattica, intensità e libertà espressiva, rendendo l’allenamento meno stressante e riducendo il rischio di infortuni. Soprattutto, bisogna ricordare che l’atleta è prima di tutto una persona, con i propri tempi e necessità. Insegnargli a distinguere quando spingersi oltre e quando, invece, fermarsi per recuperare, è fondamentale.
Nel creare costumi e scenografie per spettacoli e gare, quali sono gli elementi chiave che consideri per esaltare la performance?
L’originalità, prima di tutto. Mi piace osservare il lavoro di altri artisti, ma mi annoio facilmente di temi già visti; quindi, cerco sempre di sviluppare progetti con uno stile personale e distintivo.
C’è un progetto artistico o una collaborazione che ha segnato particolarmente il tuo percorso?
Amo collaborare con atleti di discipline diverse dalla mia, perché mi permette di esplorare nuovi linguaggi espressivi. In particolare, ho lavorato con atlete di pole dance per creare coreografie d’impatto per le competizioni. È emozionante vedere come l’arte possa toccare l’anima e creare connessioni inaspettate.
Quali sono le sfide principali nel combinare discipline così diverse come fitness, danza aerea e scenografia?
Alla fine, è lo spettatore o il cliente a decretare se il progetto ha raggiunto il suo scopo e trasmesso il messaggio desiderato. L’importante è trovare un equilibrio tra estetica, tecnica e comunicazione.
C’è una filosofia o un messaggio che cerchi di trasmettere attraverso il tuo lavoro?
Voglio trasmettere la voglia di migliorarsi, per se stessi e per gli altri. Le esperienze e le emozioni che viviamo ci arricchiscono e ci connettono con le persone, creando legami e opportunità uniche. Alla fine, ciò che rimane sono le esperienze: sono loro a dare senso alla nostra esistenza.
Come immagini il futuro della tua carriera? Ci sono nuove discipline o ambiti che vorresti esplorare?
Mi affascina l’idea di portare la performance nell’acqua. Ho sempre avuto un timore profondo dell’acqua, ma ora, avvicinandomi ai 40 anni, sento che è il momento di affrontare questa sfida. Potrebbe essere un modo per esplorare una nuova dimensione dell’arte… e forse per scoprire che l’acqua non è poi così pericolosa.





