Nata a Lucca nel 1981, provengo da una famiglia abbastanza numerosa. Seconda di tre figli cresco nel centro della mia città dove vivo fino al 2001, in seguito mi trasferisco a Carrara per conseguire il diploma di Scultura all’Accademia di Belle Arti e vi rimango oltre il percorso di studi fino al 2009. Decido così di tornare nella mia città natale e, avendo provato la vita campestre durante la mia permanenza a Carrara, ho deciso di voler rivivere quell’esperienza trasferendomi prima a Brancoli, per quattro anni, ed in seguito a Torre, ridente collina, dove vivo e lavoro ancora oggi. La mia passione ed inclinazione nei confronti dell’arte sono “un’eredità” di mia nonna, Angela Petroni Giordano, pittrice per passione con una grande sensibilità artistica, a sua volta retaggio di suo padre, Oreste Petroni, abile disegnatore con la passione della falegnameria e della scultura lignea con l’abitudine di realizzare volti e piccole figure scolpendo le castagne e facendole in seguito seccare per ottenere piccole sculture. Passatempo che avrei avuto io stessa, anche se con un materiale differente, scoprendo questa analogia solo in seguito, con mia grande sorpresa. La mia attitudine al lavoro da officina e al mondo della lavorazione dei metalli credo di doverla a mio zio Giuseppe Giordano, prete operaio e fabbro, che mi ha insegnato la saldatura ad elettrodo e trasmesso la curiosità per il mondo della lavorazione del ferro. Si può dire che la mia formazione artistica sia iniziata nel momento in cui, presa coscienza delle mie aspirazioni, ho deciso di abbandonare il liceo classico al terzo anno per iscrivermi al primo anno del liceo artistico con il chiaro obiettivo di frequentare l’Accademia di Belle Arti. Questa scelta ha completamente rivoluzionato il mio percorso di studi, sacrificando tre anni scolastici per iniziare da capo un nuovo percorso che mi ha permesso di accedere all’Accademia con delle basi. Ricordo molto bene il momento in cui ho capito che la scultura sarebbe stata la mia forma espressiva. La molla è scattata in me guardando un’intervista allo scultore Henry Moore, che, parlando delle cave di Carrara, mostrava quanto fosse facile incidere il marmo statuario, scalfendo dei piccoli sassi con un coltellino. Questo suo gesto ha acceso in me la curiosità e mi ha portato a voler sperimentare questo materiale. Iniziai così a scolpire con il temperino piccole facce, raccogliendo ghiaino di marmo praticamente ovunque. All’età di sedici anni ho scolpito il primo “sassino” e non ho mai smesso di farlo. E’ stato questo approccio alla pietra che mi ha condotto a Carrara, dove mi sono iscritta al corso di scultura. Qui, oltre a scolpire la pietra, mi sono appassionata alla lavorazione dei metalli, realizzando sculture in bronzo e avvicinandomi, da autodidatta, alla microfusione ed alla produzione di gioielli artistici, argomento della mia tesi di laurea. Durante il corso e dopo aver conseguito il diploma accademico, ho collaborato con gruppi artistici di studenti con cui condividevo un laboratorio di scultura. Queste collaborazioni mi hanno portato ad organizzare e a partecipare ad alcune collettive nella città di Carrara dove sono rimasta per altri tre anni dopo la tesi di laurea conseguita nel 2006. In seguito al mio ritorno a Lucca ho partecipato ad alcuni eventi organizzati da associazioni artistiche, quali “Venti d’arte” a Barga e Fornaci di Barga tra il 2008 e il 2011 e “Dialogaarte” a Milano. In seguito alla partecipazione al concorso “Memorie di Ferro” nel 2014, dove ho vinto il premio speciale, ho avuto la possibilità di far parte di una collettiva allo Sheraton di Malpensa a dicembre 2014, ed in seguito, di partecipare al concorso Baldi nel 2015 e, in quanto finalista, veder esposta la mia opera alla Fiera del Mobile di Milano nello stesso anno. La partecipazione al concorso “In Contemporanea” mi ha invece portato a Porcari nel 2016. Per non abbandonare il mio obiettivo ed il mio lavoro di scultrice, continuando a crederci tenacemente, ho fatto i lavori più disparati scegliendo sempre impieghi part time che mi permettessero di avere il tempo da dedicare alla scultura, senza sacrificare il mio lavoro in Laboratorio. Questo mi ha costretta a grandi sacrifici e mi ha portata a domandarmi se veramente ne valesse la pena continuare questo percorso così complicato. Ho quindi deciso di sfidare il destino partecipando al Premio Arte nel 2019, con la promessa fatta a me stessa di continuare su questa strada nel caso venissi selezionata e di relegare ad hobby la scultura nel caso non lo fossi. L’esito del concorso non mi ha lasciato dubbi, avendo vinto sia la targa d’oro, nella sezione scultura del concorso, sia il “Premio Biffi”. Premio che avrebbe in seguito concesso la possibilità di allestire la propria personale nella Galleria Biffi Arte di Piacenza. Opportunità che mi è stata data solo nell’anno 2024 per lo slittamento del programma delle esposizioni come conseguenza dei disagi che la Pandemia di Covid 19 ha creato tra il 2020 il 2022; mostra personale Dal titolo “Storie di Pesci, di Farfalle e di altri Esseri Straordinari” che ha curato Susanna Gualazzini. Nel 2020 ho partecipato ad una mostra collettiva dal titolo “Reaction” presso la Galleria Olio su Tavola e negli anni 2020,2021,2022 ho ricevuto l’attestato di merito artistico in occasione della partecipazione al Luxembourg Art Prize. Ho partecipato in oltre ad alcune collettive recentemente, come “Trame per vico”, a cura di Gianfalco Masini nel paese di Vico Pancellorum nel 2023, ho inoltre collaborato, in occasione delle feste Natalizie del 2023, con la società 4223, esponendo alcune mie opere durante la presentazione del progetto di riqualificazione degli storici spazi del Mercato del Carmine di Lucca. Un’esperienza interessante è stata fare parte mostra in occasione del World Ocean Day, organizzata dall’INGV (istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) con l’obiettivo di unire arte e scienza, al Castello di San Terenzo (Lerici) nel 2024 e lo stesso anno una mostra collettiva a cura di Gianfalco Masini presso il Palazzo del Forte a Coreglia Antelminelli. Questa mostra personale dal titolo “Zoetica”, la prima nella mia città, a cura di Alessandro Romanini, rappresenta il coronamento di un percorso complicato ma di grandi soddisfazioni e mi spinge sempre di più a credere in ciò che sto facendo ed al cammino intrapreso.
Cos’è per te l’arte?
Considero L’Arte una delle forme espressive più potenti, un mezzo di comunicazione diretto ed efficace che arriva dritto al cuore delle persone. La creazione di emozioni attraverso la bellezza che nasce dall’esigenza che prova l’artista di condividere un messaggio intimo ed emotivo, un’osservazione o un concetto che preme ed ha bisogno di liberarsi. Le mie opere sono uno sguardo critico sulla natura dell’uomo attraverso l’osservazione del comportamento animale nel proprio ambiente. Tale rappresentazione unisce indissolubilmente la dimensione estetica a quella etica, in cui l’impegno morale è inseparabile dall’esigenza espressiva e dove l’esperienza individuale, viene elevata ad esperienza globale. Ricerco così nel mondo animale quei valori universali a cui l’uomo dovrebbe ispirarsi.
La tua passione per la scultura è nata osservando Henry Moore. Cosa ti ha colpito maggiormente delle sue parole e del suo approccio al marmo?
Il documentario in cui Henry Moore raccontava il suo percorso e il suo lavoro di scultore, con uno sguardo innovativo per il suo tempo, rivolto all’Arte precolombiana e alla scultura mesopotamica, si può dire che abbia caratterizzato un punto di svolta nel mio approccio alla rappresentazione artistica. Lo scultore si ispirava alla figura umana e alla natura, rendendole degli archetipi, in una metafora tra l’uomo e l’ambiente naturale in cui la grande armonia della natura entra nella figura rendendola parzialmente astratta, monumentali e silenziose le sue sculture hanno la potenza e la maestosità delle rocce e delle montagne, sembrano opere create dalla natura più che dalla mano dell’uomo. Mi ha molto incuriosita il suo rapporto con le Alpi Apuane, la Città di Carrara e gli artigiani che ha incontrato in quei luoghi. Il suo gesto di scalfire dei piccoli pezzi di marmo semplicemente con un coltellino, per mostrare quanto fosse facile incidere questo materiale, mi ha talmente attirata da spingermi a provare e mi ha portato così ad iniziare la mia produzione di volti scolpiti su piccoli sassi. Henry Moore si è distinto per il suo approccio al marmo. Non ha modellato le sue sculture, ha lavorato direttamente sulla pietra, ha tirato fuori dal marmo una forma ideale, la forma naturale insita nella materia. Questo saper cogliere la potenzialità del pezzo su cui andare ad intervenire mi ha affascinata, e mi ha condotta a cercare quei volti nei sassi come fossero già sbozzati in natura.
Hai citato la lavorazione dei metalli come una delle tue passioni. Come concili l’aspetto rigido del ferro con la morbidezza delle forme che crei?
Il primo approccio con il metallo l’ho avuto a Carrara, il corso di scultura prevedeva anche delle lezioni settimanali di fonderia, dalle quali ho appreso la tecnica di fusione a cera persa e la creazione di opere in bronzo. Durante l’ultimo anno di Accademia mi sono cimentata da autodidatta nella tecnica della microfusione, anch’essa a cera persa, che mi ha portata a creare gioielli in vari materiali e micro-sculture in metallo. L’uso del metallo è sempre stato parte integrante nella mia produzione artistica. Le mie sculture spesso hanno supporti metallici che entrano a far parte della narrativa dell’opera, come nel caso del paranco in acciaio che sostiene la scultura “La Cattura”, in seguito però, con l’introduzione del movimento meccanico nella mia produzione artistica, sicuramente l’uso del metallo ha acquisito un altro ruolo, assolutamente fondamentale. Sarà però con l’opera “Polponio” che il metallo diventerà l’assoluto protagonista attraverso l’utilizzo di cerchi di rame, prodotti dal filo e saldati uno ad uno. L’idea era quella di creare delle opere leggere, dove i vuoti diventano superfici e volumi che l’occhio percepisce. La trasparenza, che nel caso del polpo riporta alla sua capacità di mimetizzarsi, dona leggerezza e morbidezza. L’uso dei cerchi, ottenuti da filo a sezione circolare, aiuta a dare morbidezza alle forme e l’utilizzo di varie dimensioni degli anelli, dai più piccoli, nelle parti che hanno più dettagli e sono più in ombra, ai più grandi dove la superfice si allarga, servono a non far perdere volume alle forme alla scultura. Ed è proprio il contrasto tra la rigidità del metallo e le forme sinuose del polpo che accentuano la fluidità e flessibilità dell’animale.
L’influenza della tua famiglia, dalla nonna pittrice allo zio fabbro, è molto presente nel tuo percorso. Qual è l’insegnamento più prezioso che hai ereditato da loro?
Mia nonna e in seguito mio zio sono stati fondamentali per la scelta del mio percorso. Fu proprio mia nonna Angela a portarmi con lei, sin da piccolissima, al corso di pittura che seguiva e che le ha dato le basi per dedicarsi alla sua passione per questa forma d’arte, che fino a quel momento non si era concessa di perseguire con assiduità. Ho quindi creduto per molto tempo che quella fosse la mia direzione. Fu poi quel documentario e le parole di Moore che mi hanno incuriosita nei confronti della scultura portandomi a scegliere l’Accademia di Carrara come meta. Solo in seguito, il confronto e gli insegnamenti di mio zio Giuseppe mi hanno indirizzata verso l’utilizzo del metallo, facendomi vivere la fascinazione del lavoro in officina. Da loro sicuramente ho appreso la dedizione e la passione per il lavoro manuale. La necessità di non porre limiti all’esplorazione, con la curiosità e l’impegno di chi vuole allargare gli orizzonti. Senza fermarsi difronte alle difficoltà, ma essendo anche pronti a fare sacrifici per raggiungere la propria realizzazione. Questa è stata da sempre la spinta che mi ha poi portato a modificare e rivedere nel tempo il mio percorso.
La tua decisione di cambiare liceo per seguire l’arte è stata coraggiosa. Come hai affrontato i dubbi e le difficoltà di quel momento?
Furono proprio questi insegnamenti che mi hanno portato ad avere il coraggio di affrontare il cambiamento durante il periodo del liceo, focalizzandomi sull’obiettivo, che in quel momento era andare in Accademia, scegliendo di perdere alcuni anni di studi per poter avere un’adeguata preparazione della mano e dimostrare a me stessa e alla mia famiglia la validità della scelta fatta. Seguendo un percorso concreto che portasse alla realizzazione dei miei obiettivi.
La scelta di vivere in collina, immersa nella natura, influenza in qualche modo la tua arte e le tue sculture?
Senza dubbio la mia scelta di vivere circondata dalla natura ha condizionato il mio lavoro. Sia per quanto riguarda l’ambiente che dà una grande ispirazione anche solo a livello energetico, che l’osservazione del mondo naturale che mi ha dato molti spunti per la realizzazione delle mie sculture. Attingendo a piene mani dai modelli e dai materiali che l’ambiente mi regala.
Nelle tue opere ricorrono spesso pesci, farfalle ed esseri straordinari. Cosa rappresentano per te questi soggetti?
I soggetti che ho rappresentato ed in generale il mondo animale mi permettono, osservando il loro comportamento in natura, di ricercare ed individuare quei valori universali che stiamo perdendo a cui l’uomo dovrebbe ispirarsi. La scelta dei gruppi e dei soggetti non è casuale, fanno parte di specie animali che nascono e vivono in ogni parte del mondo, creature che rappresentano il popolo. Grandi numeri che, per diffusione ed aggregazione, escono dal concetto di appartenenza e distinzione.
La mostra “Zoetica” a Lucca è stata definita il coronamento del tuo percorso. C’è un’opera specifica di questa esposizione a cui sei particolarmente legata?
La mostra “Zoetica” rappresenta il coronamento del mio percorso in quanto è una personale antologica che ripercorre tutte quelle che sono state le evoluzioni e i cambiamenti nel mio lavoro di scultrice. Questa mostra è la prima personale nella mia città, mi ha dato la possibilità di mostrare la mia evoluzione artistica alle persone a me più vicine e ha permesso a me di osservare in modo oggettivo il mio percorso, cosa non banale, dal momento che soggettivamente è sempre difficile poterlo analizzare. Sono due le opere che hanno un valore simbolico molto importante. Una è la mia prima opera meccanica dal titolo “Costrizioni Mentali” del 2014. Quest’opera rappresenta il punto di svolta nel mio lavoro dando inizio ad una ricerca del tutto nuova. Una ricerca che si è sviluppata nella creazione di sculture in movimento in cui l’azione diventa manifestazione artistica che ha luogo difronte ad un pubblico. Unica mia opera concettuale, questa scultura mi ha avvicinata al complesso ma affascinante mondo della meccanica ed ha condizionato i miei progetti futuri inserendo il movimento nella mia produzione artistica. L’altra opera è “Sardine n.3”, concepita come opera in movimento, fa parte di un progetto di opere che si muovono con gli elementi naturali. Interamente realizzata con materiali di recupero, rappresenta l’elemento Aria, questa installazione grazie alla forza del vento prende vita riproducendo il comportamento dei pesci nel loro ambiente naturale. Comportamenti collettivi di singoli individui che si uniscono per aggregazione non casuale. Quest’opera mi ha introdotta all’analisi nei confronti del comportamento animale, osservando i grandi gruppi migratori e aprendo così la strada alla narrativa e alla poetica che continuo ancora oggi a rappresentare con il mio lavoro.
Hai parlato dei sacrifici fatti per dedicarti alla scultura. Qual è stato il momento più difficile in cui hai rischiato di abbandonare tutto?
Il momento più difficile è stato nel 2018, mi sono sempre ritagliata il tempo da dedicare alla produzione delle mie sculture facendo lavori part time. Ho fatto i più disparati lavori, senza intraprendere una carriera che potesse allontanarmi dal mio lavoro di artista, sacrificando così il mio tempo in laboratorio. Questa sensazione di incertezza e precarietà è stata molto difficile per un certo periodo della mia vita. Ho quindi deciso di sfidare il destino partecipando al Premio Arte nel 2019, con la promessa fatta a me stessa di continuare su questa strada nel caso venissi selezionata e di relegare la scultura ad hobby nel caso non lo fossi. L’esito del concorso non mi ha lasciato dubbi ed ho così continuato a dare la priorità alla carriera artistica, non senza sacrifici.
Il Premio Arte del 2019 sembra aver segnato una svolta decisiva. Cosa hai provato nel vincere la targa d’oro e il “Premio Biffi”?
Per me vincere la” Targa d’Oro” nella sezione scultura e il “Premio Biffi” sono stati una conferma nel momento in cui ero alla ricerca di una spinta emotiva. Avevo la necessità di mettermi in gioco, di mostrare il mio lavoro, riscontrando l’opinione di un pubblico autorevole ed è stato il riconoscimento della validità del percorso intrapreso. Nonché una grande soddisfazione.
L’unione tra arte e scienza nella mostra organizzata dall’INGV ti ha affascinato. Pensi di esplorare ulteriormente questo dialogo tra discipline in futuro?
Si, ho intenzione di esplorare nuovamente la commistione tra le diverse discipline. L’esperienza durante la mostra organizzata dall’INGV mi ha molto colpita, credo che sia importante avvicinare il pubblico in un modo alternativo e stimolante a temi importanti unendo e rendendo più fruibile per tutti il rapporto e il dialogo con la scienza anche attraverso l’arte. Il mondo marino, inoltre è stato un soggetto da me trattato per molto tempo, ho quindi da subito sentito una cera affinità.
Sogno nel cassetto?
Il mio sogno nel cassetto rimane sempre lo stesso. Poter vivere del mio lavoro e attraverso esso poter esplorare il mondo. L’arte se condivisa è un bene preziosissimo.








