Dario nasce a Napoli nel 1976. Si avvicina alla grafica pubblicitaria all’età di vent’anni, seguendo un percorso che lo porta prima in una free press e in un’agenzia pubblicitaria, poi al Corriere del Mezzogiorno, dove lavora come impaginatore e, successivamente, si occupa del sito web, curando anche foto, video e copertine digitali. In questo contesto crea la rubrica Racconti Sonori, dedicata alla scena cantautoriale napoletana. Nel 2016 dà vita all’evento Connessioni, un confronto tra artisti della scena musicale degli anni Novanta per esplorare l’evoluzione dal centro sociale al social network. Dopo aver lasciato il giornale nel 2018, nel 2019 si dedica interamente alla propria ricerca artistica, influenzata dalla Pop Art, dalla Street Art e dall’arte italiana degli anni Sessanta. Nasce così La Pelle di Napoli, un progetto di collage materici realizzati con manifesti strappati dai muri della città. Frammenti urbani che diventano opere dal forte impatto visivo e simbolico. Tra i lavori di questo periodo prendono forma anche i Vesuvius de Papel, realizzati con un unico gesto netto e violento. Nel 2020, durante la pandemia, crea la serie Vip Mask, collage digitali in cui volti celebri indossano mascherine improbabili, tra ironia e riflessione sociale. Il suo lavoro si muove tra digitale e analogico, contaminando fotografia, grafica e manualità in un flusso continuo. Nel 2021 fonda, insieme a Maurizio Padula e Carlo Sales, Llabbasc, un laboratorio artistico nel cuore del centro antico di Napoli. Lì si intrecciano collaborazioni, progetti espositivi e attività aperte alla comunità. Il cortile che ospita Llabbasc diventa “Il Cortile Nascosto” in collaborazione con Libriciclando, un luogo di condivisione culturale tra musica, teatro, poesia e arti visive. Nel tempo, i suoi lavori vengono esposti in diversi musei e spazi culturali: dal MAV di Ercolano al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, passando per il DOM a San Domenico Maggiore e il Mute di Vico Equense. Il collage su Maradona, realizzato con Padula, entra nel documentario Maradona in Naples prodotto da Al Jazeera. Nel 2023 il Museo all’Aperto Progetto Paterno acquisisce alcune sue opere, tra cui quelle realizzate in collaborazione con Padula. Alla fine dello stesso anno nasce Mann Sgamat!, mostra al MANN in cui le opere rivisitano statue e affreschi antichi in chiave contemporanea. A dicembre 2024 partecipa a una collettiva presso Foqus nei Quartieri Spagnoli, presentando dieci opere realizzate sul retro di manifesti pubblicitari, segnando l’inizio di una nuova fase del suo percorso creativo. Attualmente conduce laboratori di collage rivolti a scuole, turisti e a chiunque voglia esplorare questo linguaggio visivo.
Cos’è per te l’arte?
Ho un rapporto quasi spirituale con l’arte e la creatività, quando incontro un’opera che mi colpisce questa mi cambia, mi trasforma, non mi fa più essere quello che ero prima. L’arte tutta, credo, plasmi la società, è lo psichedelico universale, è la porta verso altri mondi ed è una necessita vitale. Io, ad esempio, ho bisogno di creare ogni giorno. Una foto, un collage o semplicemente riordinare la cucina a casa, qualunque cosa io faccia è sempre orientata a creare armonia e bellezza, secondo il mio gusto, naturalmente. L’arte si nasconde ovunque, è il super potere degli esseri umani, l’arte non è mai uguale a se stessa, non ha contenuti specifici, può essere una formula matematica, un sorriso, un’onda che s’infrange sugli scogli o perfino un segno casuale su un muro.
Dario, com’è nata per te la scintilla del collage? Ricordi un momento preciso in cui hai capito che era il tuo linguaggio?
Ho cominciato a fare collage per noia, ero a lavoro con mio padre, era il 1999, lo aiutavo in una focacceria che aveva aperto dopo anni di sacrifici, ero inquieto sentivo di dover cercare una direzione più adatta a me senza sapere dove, così, il pomeriggio, quando in focacceria il lavoro diminuiva, sfogliavo riviste alla ricerca di immagini. Ho sempre amato molto i giornali e i libri, per me erano e sono come un rifugio. Ogni momento libero era ed è sempre dedicato alla lettura, poi la passione per le immagini, le immagini, ho sempre fotografato. Così con una forbice, cominciavo a ritagliare figure e ad accostarle ad altre per creare scene inedite, choc visivi e polemici, inconsapevolmente mi avvicinavo alla “culture jamming” che modifica il significato dei brand per poter far emergere una criticità. Dopo il crollo delle Torri Gemelle, realizzai il mio primo collage grande per esprimere tutto il mio dolore, presentai questo lavoro nel giugno 2002 al mio esame di maturità e grazie a quell’opera ottenni un voto alto. Dopo qualche anno cominciai a sperimentare anche la pittura, nel 2004 realizzai un quadro usando il Dripping, la tecnica inventata da Jackson Pollock, dopo il terribile tzunami che devastò la Thailandia. Da quell’esperienza nacquero poi dei Vesuvi molto colorati che vendevo per strada, ma erano ancora episodi isolati. Non pensavo minimamente che l’arte potesse appartenermi, anche perché prima che capissi qualcosa di me sono dovuti passare ancora vent’anni durante i quali ho lavorato in diversi settori. Nel 2018 dopo il licenziamento dal Corriere del Mezzogiorno, dove mi occupavo di grafica, c’è stata la svolta, ho cominciato a riproporre per strada i miei collage fatti con gli strappi, la cosa ha funzionato e finalmente ho capito che dovevo costruire qualcosa che mi permettesse di non avere padroni ed essere libero.
“La Pelle di Napoli” è un progetto che racconta la città in modo crudo e poetico allo stesso tempo. Cosa ti spinge ogni volta a staccare un manifesto dal muro?
Mi piace molto questo accostamento tra la parola crudo e la parola poesia, ne sono onorato, beh è vero nei miei lavori c’è molta sofferenza, è una lotta dura ogni volta che affronto una tela, vado in giro e strappo, strappo, strappo. Mi piace molto recuperare colori e forme, soffrendo di pareidolia, vedo volti nei muri e nei manifesti lacerati, vedo animali, armi, scene di natura e penso che queste visioni si offrano a me per avere loro la possibilità di rendersi visibili agli altri. Con il tempo ho capito che c’è una verità nella carta, essendo materiale vivo ha una memoria, la carta assorbe gli agenti atmosferici e secondo me anche gli umori della città. Napoli è tutto e il contrario di tutto: città stratificata, accogliente, melting pot di culture, scura e luminosa, Napoli è lo strappo alla regola italiana e io mi sento profondamente lacerato, cerco di mettere ordine a questo caos. Napoli è una vibrazione a cui cerco di dare sembianze con La Pelle di Napoli.
Nel tuo lavoro convivono fotografia, grafica, arte urbana e artigianato. Come riesci a far dialogare tecniche così diverse mantenendo una coerenza visiva?
Si è fuso tutto in maniera abbastanza naturale negli anni, perché credo che noi umani introiettando quello che amiamo, quello che desideriamo o quello che odiamo siamo come dei distillatori, portiamo fuori di noi una risposta che è l’insieme delle nostre esperienze.
Cosa significa per te lavorare in un luogo come Llabbasc, nel cuore del centro antico di Napoli? Quanto incide lo spazio fisico sul tuo processo creativo?
Il centro storico di Napoli è la vita vera, luogo magico, esoterico, quello che succede LLABBASC, il mio laboratorio galleria o LLAFFOR (termine coniato tra noi amici per definire il lavoro di bancarella per strada) non potrebbe succedere in un ufficio, in una redazione o in un ristorante, non so. Più che lo spazio fisico come definizione della materia, quello che incide di più sul mio processo creativo è mia napoletanità fatta di ironia e di sofferenza, devo esprimere tutto, devo dar forma al disagio, voglio lanciare messaggi che possano far riflettere.
Con “Vip Mask” hai reagito artisticamente a un momento collettivo come la pandemia. Cosa cerchi di raccontare oggi attraverso i tuoi collage?
Oggi oltre alla Pelle di Napoli, che mi serve ad interpretare a mio modo la città, amo molto giocare con le parole, con Maurizio Padula abbiamo dato vita a Logo Comune, un progetto dove personaggi della cultura pop, tra cartoni animati giapponesi, attori, cose o cibi parlano in napoletano citando film, canzoni o esprimendo concetti ironici come Freud che dice: “Mammt” , Jeeg Robot che dice “Stong a piezz” o i due limoni che dicono: “Astrigneme chiù forte”. Ho amato da sempre, come dicevamo prima, distorcere i nomi dei brand per evidenziarne i fattori critici o per tirarne fuori messaggi positivi, come nel caso di “Ace Gentile” che con una P all’inizio diventa “Pace Gentile”, accostamento di due parole, credo mai usate insieme, che invece raddoppiano un messaggio positivo assolutamente importante in questo momento storico.
Quanto conta per te la collaborazione con altri artisti, come nel caso di Maurizio Padula? Cosa cambia nel tuo approccio quando non lavori da solo?
Con Maurizio Padula abbiamo creato belle cose assieme, oltre a Logo Comune abbiamo realizzato una serie di dipinti dal titolo Senza Malizia, un omaggio ad attrici e cantanti che amiamo da sempre come Laura Antonelli, Sofia Loren, Ornella Muti, Loredana Bertè e altre. Nel 2023 ci è capitata la straordinaria occasione di esporre al Mann Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, con una mostra dal titolo.” Mann Sgamat!” grazie all’ex direttore Paolo Giulierini che non finiremo mai di ringraziare e che ci ha sgamato per strada. Abbiamo lavorato per portare 26 opere di grandi dimensioni tra icone moderne come Maradona, Frida Kahlo, Battiato o Picasso e statue o mosaici rinvenuti nella Villa dei Papiri reinterpretatandoli in maniera contemporanea. Ovviamente non è facile lavorare a quattro mani su una tela e ci siamo riusciti perché siamo amici da sempre, poi nell’ultimo anno abbiamo capito che avevamo l’esigenza di esplorare nuove strade ognuno per conto proprio. Naturalmente lavorare da soli offre una maggiore libertà ma anche maggiore responsabilità.
Con i laboratori che conduci oggi, cosa speri di trasmettere a chi si avvicina al collage per la prima volta?
I laboratori sono la mia scuola, sono io che imparo dai bambini, perché loro sono davvero liberi e fanno cose incredibili, sono eccezionali. La cosa funziona perchè sono anche io un bambino, loro lo percepiscono e quindi entriamo in sintonia Con gli adulti la cosa cambia, devi stare sempre un po’attento perché vogliono dimostrare di essere all’altezza, c’è competizione tra loro e con me, quando però li costringo a scambiarsi i lavori, nella fase centrale del laboratorio, in quel momento crollano le loro certezze ed emergono le vere personalità. Il laboratorio dunque risulta essere un metodo efficace perchè aiuta le persone a liberarsi dalle maschere e a scoprire se stesse, io, intendiamoci, non credo di saper o poter insegnare niente a nessuno, metto solo il mio entusiasmo a centrocampo.
Hai detto che fotografia e grafica si intrecciano fino a diventare un flusso di coscienza. Dove ti sta portando oggi questo flusso?
Grafica e fotografia sono due linguaggi che utilizzo da sempre insieme, in maniera naturale, mi permettono di fare luce nella parte più buia di me e se sono fortunato qualche volta illuminano anche qualche caverna della società. Questo flusso mi mette in connessione con gli altri e credo di seguirlo proprio per stabilire nuovi legami.
C’è un angolo di Napoli che senti più tuo, o che per te è una fonte inesauribile di ispirazione?
Sicuramente il centro storico.
Guardando avanti, hai un progetto che sogni di realizzare ma che non hai ancora avuto occasione di mettere in pratica?
Ho tanti progetti e sogni che vorrei realizzare, mi piacerebbe ad esempio fare l’esperienza delle residenze artistiche per potermi confrontare con altri territori e altre persone. Vorrei poter lavorare con la moda e con il design, di recente sono stato a Milano per la Design Week e sono rimasto molto colpito dalle cose belle che ho visto, ho anche lasciato dei miei adesivi in giro nel pop up store di Toiletpaper, spero di arrivare all’attenzione di mister Cattelan, spero mi chiami per una collaborazione, qui accadono i miracoli ogni tanto non si può mai sapereJ Poi un altro sogno è imparare a dipingere bene e realizzare grandi murales come quelli di Jorit o di Bosoletti per citarti due artisti che a Napoli hanno realizzato dei lavori interessanti, so che non avrò mai il tempo per imparare e poi soffro un po’ di vertigini quindi credo che resterà un sogno. Mi piacerebbe moltissimo avere il dono della sintesi che ha Banksy, tra l’altro qui a Napoli a due passi dal mio laboratorio c’è la sua opera “Madonna con la pistola” vado a godermela quasi ogni giorno in religiosa contemplazione, m’ispira molto il lavoro di questo artista e se devo dirtela tutta è quello che mi ha spinto ad uscire allo scoperto.





