Antonio nasce a Cagliari il 19 aprile 1989. Fin da bambino sviluppa una forte passione per le scienze, ma è il mondo del vino a catturare davvero la sua curiosità, spingendolo a intraprendere una formazione in enologia. Il desiderio di approfondire questa arte lo porta a viaggiare e a esplorare nuove realtà, fino a trasferirsi a Parigi, una delle capitali mondiali della gastronomia e del vino. Negli ultimi dieci anni, Antonio vive un’esperienza straordinaria nel settore della ristorazione, lavorando in ambienti di prestigio dove perfeziona la sua conoscenza del vino e del servizio. Per sei anni ricopre il ruolo di responsabile sommelier in un hotel di lusso, un’esperienza che gli permette di affinare la sua capacità di abbinare vini e piatti, oltre a condividere la sua passione con clienti provenienti da ogni parte del mondo. Il contatto con culture diverse e con i migliori professionisti del settore arricchisce ulteriormente il suo bagaglio di competenze, consolidando la sua reputazione come esperto del vino. Tuttavia, la vita di Antonio non ruota solo attorno al vino. L’arte ha sempre rappresentato una parte fondamentale della sua identità. Fin da piccolo, si diverte a sperimentare con il disegno e la pittura, personalizzando le proprie scarpette da calcio, decorando i muri della sua stanza e creando pezzi unici sui propri vestiti. La creatività è per lui un’espressione autentica di libertà, un mezzo per esplorare se stesso e dare forma alle proprie emozioni. Oggi, Antonio Piras è un sommelier appassionato e un artista in continua evoluzione, sempre alla ricerca di nuove ispirazioni e avventure. Il suo percorso è una fusione tra competenza, esperienza e creatività, un viaggio che continua a sorprenderlo e a spingerlo oltre ogni limite.
Cos’è l’arte per te?
Partendo dal presupposto che oggi l’arte ha molte sfumature, per me è un ponte: un collegamento diretto tra l’artista e chi osserva.
Cosa ti ha affascinato del mondo del vino al punto da farne una carriera?
Le sfaccettature sono tante, ma quella che mi ha colpito di più è la possibilità di scoprire come uno stesso uvaggio possa cambiare completamente a seconda del luogo, del terreno o del clima. Essendo sardo, il Vermentino è il nostro vitigno per eccellenza, ma trovo affascinante assaggiarlo prodotto in Liguria o in Toscana: la stessa uva, ma sentori diversi.
Qual è stata la tua esperienza più memorabile come sommelier?
Molti pensano che vendere una bottiglia molto costosa sia un’esperienza memorabile. Per me lo è ogni volta che riesco a consigliare un vino e far scoprire qualcosa di nuovo a chi ho davanti.
C’è un vino che consideri particolarmente speciale e che ti ha segnato professionalmente?
Ce ne sono tanti. Oltre ai vini sardi, che hanno per me un forte valore emotivo, direi “Le Trame” della cantina Le Boncie in Toscana. Ogni volta che lo assaggio è un brivido.
Com’è stato lavorare con clienti internazionali? Hai aneddoti interessanti?
È stato molto interessante e stimolante. Chi viaggia tanto ha spesso la mente più aperta e una maggiore curiosità. Una volta una signora americana era solita accompagnare i formaggi con del Bordeaux. Dopo aver insistito perché provasse un vino bianco, a fine pasto mi disse: “Ho sbagliato abbinamento per 50 anni!”
Hai mai pensato di creare la tua etichetta di vino o lavorare nella produzione?
No, mai. È un lavoro artigianale, duro, che rispetto moltissimo. Preferisco continuare a bere.
Come nasce la tua passione per il disegno e la pittura?
Credo sia nata con me. Da bambino dipingevo i muri della mia camera, le scarpette da calcio, le magliette… Avrei voluto fare il liceo artistico, ma ho scelto un indirizzo scientifico e ho messo da parte la pittura per 20 anni.
Quali tecniche artistiche preferisci utilizzare e perché?
Dipingo molto in acrilico. Mi trovo bene, ma non ho una vera preferenza. Sono autodidatta e sto ancora esplorando.
C’è un artista o un movimento che ha influenzato il tuo stile?
Ce ne sono tanti e molto diversi tra loro. Ammiro Da Vinci, ma anche Modigliani, Picasso e De Chirico hanno lasciato il segno su di me.
Hai mai pensato di esporre le tue opere o trasformare la tua arte in un progetto professionale?
Mi piacerebbe molto, sarebbe un sogno. Vedremo cosa riserva il futuro.
L’arte e il vino hanno qualcosa in comune per te? Se sì, cosa?
Tutto. Entrambi sono soggettivi: ognuno vive un’esperienza diversa davanti a un quadro o a un calice. Entrambi generano discussione, crescita, emozione. E, alla fine, a tutti piacciono l’arte e il vino, ma pochi davvero li capiscono. Me compreso.
C’è un’opera che hai creato a cui sei particolarmente legato?
I quadri che ho regalato alla mia famiglia. Sono stati l’inizio del mio nuovo percorso artistico.
Ti senti più sommelier o più artista? Oppure entrambe le cose si completano?
Si completano. Ma sto ancora cercando di capirlo fino in fondo.
Dopo Parigi, c’è un altro luogo in cui sogni di lavorare o vivere?
A Parigi ho trovato il mio habitat perfetto: cultura artistica e vinicola convivono in armonia. Dopo dieci anni, è diventata la mia seconda casa.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Hai in mente nuove avventure nel mondo del vino o dell’arte?
Sono curioso di vedere cosa nascerà da questo ritorno alla pittura. Ho ripreso da sei mesi e le idee sono tante. Serve solo un po’ d’ordine.
Se potessi collaborare con un grande nome del vino o dell’arte, chi sceglieresti?
Leonardo da Vinci, senza dubbio.
Cosa ti ispira di più nella tua vita quotidiana, sia nel vino che nell’arte?
I momenti più normali. La frase che più mi ha ispirato è di un viticoltore piemontese: “La Barbera è donna.” Associare un vitigno a una figura femminile è stata la mia più grande fonte d’ispirazione.





