CRISTINA RANIERI

CRISTINA RANIERI

Cristina ha vissuto per 40 anni a Roma, trascorrendone alcuni in una casa storica sulla piazza Campo de’ Fiori. Quegli anni hanno contribuito a formare la persona e l’artista che è oggi. Porta con sé tanti ricordi e nostalgie di quella Roma legata alla gioventù, che definisce “la sua prima vita”. Ora vive da molti anni ad Ascoli Piceno e, attraverso la pittura, cerca di rappresentare sogni e mondi sereni. A volte riaffiorano nostalgie e malinconie, ma il suo carattere solare prende sempre il sopravvento. È caduta tante volte, ma con forza si è sempre rialzata per affrontare la vita, che considera meravigliosa. Sua figlia, i nipotini e un nuovo compagno le danno ogni giorno la voglia di creare e di imprimere i suoi sentimenti su carta. La sua pittura non è quasi mai definita, perché lascia all’occhio dello spettatore la libertà di trovare una soluzione definitiva che possa emozionarlo e coinvolgerlo. Dipinge solo da pochi anni e si dedica esclusivamente all’acquerello, realizzando opere di piccolo formato. Spesso le sue creazioni prendono forma in meno di un’ora, ma a volte le riprende dopo settimane o mesi per completarle, senza mai considerarle definitivamente concluse.

Cos’è per te l’arte?

L’arte è espressione delle proprie emozioni.

Come descriveresti il tuo legame con Roma e come influisce sulla tua arte oggi?

Il mio legame con Roma è fatto unicamente di ricordi e grandi malinconie. Ricordo spesso i profumi, il sole terso, la molteplicità delle persone, il loro movimento affrettato e la loro comunicabilità. Non sopporto l’indolenza e il movimento lento della piccola provincia, pur amando ora le sue strade, la facilità nel muoversi e la sua storia medievale, che è in parte fonte di ispirazione per i miei quadri.

La tua pittura riflette molto la tua personalità solare, ma anche le nostalgie e malinconie che porti con te. Come riesci a bilanciare questi contrasti nelle tue opere?
Non sempre riesco a bilanciare la solarità con la malinconia, e infatti ciò si evince dalla nebulosità di alcuni dipinti.

Pensi che vivere ad Ascoli Piceno abbia avuto un impatto significativo sul tuo stile artistico rispetto ai tuoi anni a Roma? In che modo il paesaggio e la vita quotidiana influenzano la tua pittura?
I miei anni a Roma sono stati bellissimi, ma pieni di tragedie private che mi hanno portato a essere quella che sono ora: solare, ma anche nostalgica e piena di incertezze. Ora, soprattutto da pensionata, mi soffermo su molte cose che prima non notavo: cieli, nuvole, persone, forme di alberi, tetti, ecc.

Hai detto che le tue opere non sono mai definitive, lasciando spazio all’interpretazione dello spettatore. Come ti fa sentire sapere che il pubblico può leggere e percepire le tue creazioni in modi diversi?

Mi piace immaginare che ognuno adatti il finale delle opere secondo le emozioni e il tipo di vita che ha avuto. Ognuno di noi ha un mondo interiore spesso molto diverso da ciò che lasciamo trasparire all’esterno. È complicato.

Hai una fonte specifica di ispirazione per le tue opere, o sono i tuoi stati d’animo e le esperienze quotidiane a determinare ciò che dipingi?

L’ispirazione è varia. Dipingo meglio quando sono inquieta o se ho avuto una giornata complicata. Mi aiuta più di una seduta dallo psicoterapeuta: la famosa Arteterapia, che consiglio sempre a tutti.

Sei autodidatta e dipingi da pochi anni. Come hai sviluppato la tua tecnica e cosa ti ha spinto a iniziare a dipingere in un periodo così recente della tua vita?

Mi sarebbe sempre piaciuto dipingere, ma per decenni non l’ho fatto. Poi, di sera, con il carboncino, facevo molti ritratti per distrarmi, mi passava l’ansia. Successivamente sono passata al colore, e avendo in casa un blister di acquarelli che mi avevano regalato a 40 anni e che avevo lasciato lì per tanto tempo, mi è sembrato consequenziale iniziare. Non mi piace l’olio, preferisco l’immediatezza dell’acquarello, la trasparenza, il fluire dell’acqua, la sua ingovernabilità sulla carta insieme al colore, lasciandoli andare e unire come voglio. Mi ha spinto molto mia madre a ricominciare, invitandomi a frequentare un corso di pittura all’Università della Terza Età e del Tempo Libero, dove anche lei andava per la ceramica. Ho frequentato il corso per circa dieci anni, poi ho deciso di continuare da sola, a modo mio.

Molte delle tue opere prendono forma velocemente, ma altre richiedono tempi più lunghi. C’è un processo emotivo che ti guida mentre dipingi, o lasci che sia l’opera a dirti quando è completa?

Sì, è l’opera che mi dice quando fermarmi. Se continuo a toccarla, rischierei di rovinarla ulteriormente, anche se imperfetta. La lascio con tutti i suoi errori, che dopo alcuni giorni appaiono come parte integrante della rappresentazione.

Descriviti in tre colori.

Blu, in tutte le sue sfumature possibili.
Nero, che in pittura diluisco parecchio.
Arancione, perché mi ricorda l’estate che adoro, con la sua allegria, i suoi profumi di rinascita, il mare e le serate estive.

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