DAVIDE BOTTIGLIERI

DAVIDE BOTTIGLIERI Scrittore, sceneggiatore, editore, docente di scrittura, co-fondatore della Vitruvio Entertainment. Fa il suo esordio letterario nel 2015 con una raccolta di racconti fantasy per ragazzi, intitolata Le Cronache di Teseo, edita dalla Les Flâneurs Edizioni. Con la stessa casa editrice pubblica nel 2017 e nel 2018, rispettivamente, il noir Omicidi in si minore e il thriller Prove per un requiem, con cui vince numerosi premi letterari nazionali e internazionali che gli valgono il titolo di “Ingegnere del Thriller” dalla testata La Voce di New York. Gli assegnano presto la direzione artistica di molteplici eventi culturali salernitani, tra i quali CinemAzioni per i diritti sociali, il Premio SalernoLibri & Booktrailer della rassegna SalernoLibri curata dal dott. Antonio Angieri, il Festival dei Diritti Sociali, DiVini Libri – Chiacchierata con l’Autore e il Festival del Libro d’Autore. Nel 2020, con altri professionisti, fonda la Vitruvio Entertainment, casa di produzione cinematografica e teatrale, cura la sceneggiatura della strip comic “I miserabili Romeo&Giulietta” per Il Mattino di Salerno e l’anno successivo firma la sua prima sceneggiatura cinematografica per il film breve Anti, premiato in Italia e all’Estero. Nel 2022, in collaborazione con Radio Musica Television, esporta il format letterario Libri Calibro .45 in diretta da Sanremo, durante il settantaduesimo Festival della canzone italiana. In breve riceve articoli e menzioni da testate internazionali come AmericaOggi, Oggi7, La Voce di New York, l’Agenzia Internazionale Stampa Estero. Nel 2023 pubblica il graphic novel a tema sociale Nero Acciaio (Les Flâneurs Edizioni), presentato anche a Montecitorio, e fonda Il Novelliere, rivista culturale bimestrale. Nel 2024 ricopre il ruolo di sceneggiatore, produttore e produttore esecutivo del cortometraggio a tema sociale Marianna (Vitruvio Entertainment & Nova Civitas Soc. Coop.).

Puoi raccontarci di più sul tuo esordio letterario con “Le Cronache di Teseo”? Cosa ti ha ispirato a scrivere questa raccolta di racconti fantasy per ragazzi?

Le Cronache di Teseo è stato un esperimento letterario che mi ha aperto un po’ le porte del mondo dell’editoria. È una serie di sei racconti brevi che descrivono il mitologico viaggio dell’eroe greco da Trezene ad Atene e il celeberrimo episodio che vede il figlio di Etra confrontarsi con il minotauro, il tutto riproposto in chiave fantasy. Elementi tipici e atipici del genere quali incantesimi, evocazioni, pozioni, creature fantastiche della mitologia greca, ebraica e del folklore italiano non alterano i connotati della struttura del mito greco: gli Dei, i loro capricci e i giochi di potere conservano sempre un ruolo predominante e il Fato continua a essere un’entità cui è inutile sottrarsi. Tuttavia, contrariamente al canonico eroe greco, il protagonista presentato in questa raccolta ha necessità di maturare come uomo e come guerriero per ogni fatica superata ed è questo il suo più grande punto di forza, nonché ciò che gli permette di valicare i limiti del tempo e dello spazio e di giungere fino al lettore del nostro secolo.
Sono affascinato dalla letteratura greca, ritengo non ci sia nulla di scritto in tempi recenti (o meno recenti) che non sia stato già affrontato dagli antichi greci e ho pensato di offrire a un lettore giovane una storia in una forma più “digeribile”: da qui la riproposizione in chiave fantasy, la scrittura sotto forma di racconti brevi e le contaminazioni del romanzo di formazione.

Come ti sei guadagnato il titolo di “Ingegnere del Thriller”? C’è qualche elemento distintivo nei tuoi libri “Omicidi in si minore” e “Prove per un requiem” che ritieni abbia contribuito a questo riconoscimento?

Devo dire che è un titolo che mi ha divertito, sorpreso e lusingato. Credo che sia stato apprezzato lo studio quasi maniacale antecedente alla stesura. Occupo molto più tempo per la preparazione delle mie storie che nell’esercizio della loro scrittura. Al di là dell’intreccio narrativo e dello sviluppo dei personaggi,  Omicidi in si minore e Prove per un requiem sono libri ambientati in luoghi remoti (parliamo dell’Est Europa) e tempi lontani (1780), motivo per cui ho dovuto fare molte ricerche di usi, costumi della società dell’epoca, della situazione sociopolitica presente in Europa, delle tecnologie di quel tempo, della toponomastica dei luoghi descritti, ben consapevole di potermi comunque prendere alcune licenze, dato il genere scelto. Ho inserito nozioni di numerologia ebraica, tossicologia, ma anche segreti e chicche di testi antichi. Ho legato Omicidi in si minore e Prove per un requiem a opere di musica classica, intrecciando i capitoli con l’evoluzione dello spartito di riferimento o con il suo significato. Insomma, ho scritto questi due libri con l’intento di garantire diversi livelli di lettura, mettendo la forma mentis dell’ingegnere (ambito principale dei miei studi accademici) al servizio dell’arte e della sua suggestione, offrendo al lettore due romanzi spero piacevoli, di certo non banali.

Hai vinto numerosi premi letterari nazionali e internazionali. Quale di questi premi ti ha dato maggiore soddisfazione e perché?

Ad ogni premio è legato un ricordo particolare. Dovendo sceglierne due, direi il Premio Autore del Premio Internazionale Holmes Awards, perché rappresenta il risultato di una grande ostinazione e perseveranza, avendolo puntato anni prima della stesura del primo libro; il secondo è il Premio Speciale Giuria del Concorso Letterario Nazionale Caravaggio, perché riuscii a condividere il momento con una persona molto importante e, senza saperlo, fu occasione d’incontro con artisti che sarebbero diventati col tempo amici e collaboratori.

Quali sfide e soddisfazioni hai incontrato nel dirigere eventi culturali come CinemAzioni per i diritti sociali e il Festival dei Diritti Sociali?

Entrambi i festival sono stati degli autentici banchi di prova, essendo tra i primi eventi di cui mi fu assegnata la direzione artistica. Imparai ulteriormente le difficoltà e le sfide della gestione di più reparti: dalla comunicazione, alla parte burocratica, dalla relazione con le amministrazioni all’hospitality etc. Sono state entrambe esperienze formative, che mi hanno reso ulteriormente pronto ad affrontare la direzione artistica di altri eventi più impegnativi, tempo dopo. La soddisfazione più grande è stata quella di poter offrire alla città di Salerno una declinazione “nobile” dell’arte, come mezzo di denuncia o di riflessione, l’occasione di conoscere artisti di grande spessore e sensibilità, e la possibilità di gettare le basi per cementificare ulteriormente il mio rapporto con l’Associazione Salute e Vita, da cui sono nati entrambi i progetti.

Cosa ti ha spinto a co-fondare la Vitruvio Entertainment? Quali sono i principali obiettivi di questa casa di produzione cinematografica e teatrale?

Per come la vedo, la Vitruvio Enterainment nasce da due scintille diverse. La prima è sicuramente la volontà di “fare la nostra arte”, mettere insieme professionisti e cooperare al fine di realizzare opere aderenti al nostro modo di vivere l’arte. La seconda scintilla nasce da un ulteriore fattore comune, l’ennesimo filo rosso che legava i vari co-fondatori: l’età. Ciascuno di noi aveva vissuto la propria età come croce e delizia: molto interessanti perché giovani, poco presi sul serio per lo stesso motivo. Il mondo culturale è spesso molto chiuso, un sistema salottiero che apre le porte solo agli “eletti” (evito digressioni!), quando la mia idea di cultura è forse più vicina all’agorà (ecco un altro link al mondo greco!) che al salotto. Consapevoli di poter dire la nostra (ma anche di avere tanto da imparare) e stanchi di “elemosinare” degli spazi o delle vetrine, abbiamo scelto di essere indipendenti, di diventare quelli da contattare, senza antagonismo (non può e non deve esserci nel mondo culturale), ma con l’unica idea di costruirci da soli una strada, una possibilità per metterci alla prova, imparare e offrire qualcosa di diverso. E direi che qualche soddisfazione ce la siamo tolta.

Come è stata l’esperienza di scrivere la tua prima sceneggiatura cinematografica per il film breve “Anti”? Come hai reagito ai premi che ha ricevuto?

Una delle cose positive del co-operare con artisti diversi, professionisti di altri settori, è quella di poter imparare. Ho sempre voluto apprendere, perfezionarmi come persona e come artista. La mia prima sceneggiatura è stata una sfida entusiasmante, concomitante con il 48 Hour Film Project

di Roma, un contest in cui, in modo del tutto randomico, vengono assegnati un genere, un oggetto di scena, un personaggio, una linea di dialogo e due giorni di tempo per poter scrivere, realizzare e postprodurre un cortometraggio. Dal punto di vista artistico lascio immaginare quanto sia stato stimolante. Il risultato è stato un lavoro corale, del tutto piacevole, premiato in Italia e all’Estero: riconoscimenti ai quali ho reagito con grande felicità, perché ho avuto prova di un’ulteriore maturazione artistica.

Puoi parlarci del format letterario “Libri Calibro .45” e di come è stato portarlo in diretta da Sanremo durante il Festival della canzone italiana?

Un richiamo allo storico calibro delle Colt, le pistole utilizzate nei grandi film western, ma con domande sui libri “sparate” a bruciapelo al posto dei proiettili, cinque domande, quindici minuti di tempo: questo era il format Libri Calibro .45, realizzato con la Vitruvio Entertainment, in collaborazione con il giornale L’Ora. L’idea si è ulteriormente sviluppata, legando un altro canale di diffusione: la radio. Durante tutto il settantaduesimo Festival della canzone italiana, in diretta da Sanremo, attraverso la cooperazione tra Vitruvio Entertainment, Radio Musica Television e L’Ora, Libri Calibro .45 ha offerto uno speciale durante il quale sono state intervistati diversi professionisti del mondo editoriale, senza dimenticare qualche domanda relativa al Festival tanto seguito. Anche quella è stata un’esperienza piacevole e interessante, la città pullulava di artisti e professionisti di ogni genere (dal settore artistico a quello della comunicazione). La radio è un media fantastico, molto affascinante e che spero di poter approfondire con maggiore continuità in futuro. 

“Nero Acciaio” tratta temi sociali importanti. Qual è il messaggio principale che vuoi trasmettere attraverso questo graphic novel?

Nero Acciaio, edito dalla Les Flaneurs Edizioni, è un fumetto che nasce da un progetto di sensibilizzazione promosso dall’Associazione Salute e Vita, in collaborazione con CSV – Sodalis, con lo scopo di accendere i riflettori sulle dinamiche illecite che contraddistinguono i disastri ambientali causati dalle macchinazioni criminose di imprese disseminate sull’intero territorio nazionale. La storia è narrata con la giusta crudezza, atta a rendere giustizia al dramma vissuto da famiglie e operai, costretti a lottare spesso contro istituzioni inadempienti. L’opera pone l’attenzione su tre aspetti: l’importanza della partecipazione della cittadinanza e lo scopo dell’associazionismo, l’infame dicotomia tra diritto alla salute e diritto al lavoro e le intrappolanti maglie legali che non sempre assicurano la giustizia. Questi tre aspetti rappresentano i tre pilastri su cui poggia l’intero castello: la cittadinanza, i lavoratori e i professionisti. Ahimé, se viene meno anche solo uno di questi, tutto crolla. Il messaggio principale probabilmente è questo, far comprendere l’importanza della denuncia, quanto il cittadino non deve rimanere muto, quanto è fondamentale che i lavoratori si schierino contro “il padrone” e quanto ognuno di noi deve tentare di offrire la propria professionalità al servizio della giustizia.

Cosa ti ha motivato a fondare “Il Novelliere”, una rivista culturale bimestrale? Quali argomenti e tematiche tratta la rivista?

Il Novelliere nasce con l’intento di fare divulgazione e informazione di qualità, facendo attenzione sia ai contenuti che alla forma. Tratta di arti visive, cinema, cultura e attualità, letteratura, musica e teatro. Pongo l’obiettivo di offrire al lettore un’ampia gamma di articoli differenti: approfondimenti, interviste, recensioni o editoriali. Ad ogni nuovo numero corrisponde l’inserimento di una nuova rubrica, che possa sondare le novità più inesplorate della musica rock o affrontare in modo critico la poesia contemporanea, che possa rivelare i segreti delle case editrici più particolari o indicare le serie televisive più interessanti, ad esempio. È un lavoro sinergico, frutto della cooperazione con i professionisti che mi affiancano e offrono le loro conoscenze e competenze. La rivista, attraverso l’ausilio dei social, sta offrendo anche numerose rubriche audiovisive, come il podcast sul cantautorato italiano di Daniele Sesti, o le brillanti segnalazioni sulla musica undeground internazionale di Luca Visconti, o i “mini tour museali” realizzati da Gaia Bonasia, o anche la nuova rubrica sul cinema d’animazione a firma di Maurizio Incardona. Considerando che siamo nati da poco, mi ritengo davvero soddisfatto!

Puoi darci qualche anticipazione sui tuoi progetti futuri? In particolare, cosa puoi dirci sul cortometraggio a tema sociale “Marianna” e sul ruolo che hai ricoperto come sceneggiatore e produttore?

Mi sono posto degli obiettivi a breve e medio termine. Di certo c’è la volontà di far evolvere ulteriormente Il Novelliere attraverso l’integrazione di nuovi redattori e l’apertura di nuove rubriche audiovisive. Entro settembre conto di determinare il mio definitivo ritorno alla scrittura di libri, ambito che non voglio più mettere in secondo piano. Intanto ci sarà da promuovere ancora il fumetto Nero Acciaio e vedere che frutti darà il cortometraggio Marianna. Di quest’ultimo lavoro non posso ancora dire tantissimo, ma di certo rappresenta il mio lavoro più maturo come sceneggiatore. Prodotto dalla Vitruvio Entertainment, co-prodotto da Nova Civitas Soc. Coop., nasce anche questo da un’idea dell’Ass. Salute e Vita, in collaborazione con il CSV-Sodalis di Salerno. È un progetto che ha dato fondo a tutte le mie energie, perché ambizioso e realizzato con un numero imponente di professionisti di grande spessore. Come produttore sono estremamente soddisfatto del risultato finale. Come sceneggiatore, sono di certo emozionato, ma sarà solo il tempo a dirmi se ho ragione o meno.

Come hanno influenzato il tuo lavoro le menzioni e gli articoli ricevuti da testate internazionali come La Voce di New York e AmericaOggi?

Vedere il proprio nome e la propria foto su testate giornalistiche internazionali fa sicuramente un certo effetto. Non saprei dire se hanno avuto influenza sugli altri, ma esistono degli eventi che considero piccoli “checkpoint”, tappe che, una volta raggiunte, mi suggeriscono di guardarmi indietro e osservare la strada percorsa. Ho iniziato a scrivere senza conoscere neanche una persona che avesse la mia stessa passione; quando ho visto il giornale fotografato con il Ponte di Brooklyn sullo sfondo ho pensato: “Allora un po’ di strada l’ho fatta!”.

Come docente di scrittura, quali sono i principi fondamentali che cerchi di trasmettere ai tuoi studenti? C’è un consiglio particolare che ritieni essenziale per gli aspiranti scrittori?

Quando insegno, cerco di trasmettere tutto quello che ho imparato ai ragazzi, che va oltre la mera tecnica di scrittura. Spesso devo offrire loro un modo per guardare il mondo con gli occhi di un artista, così che possano assorbire tutto ciò che è intorno e tradurlo nelle pagine. Devono capire è che scrivere, saper scrivere ed essere professionisti della scrittura sono tre concetti molto differenti e che, se si vuole scrivere, bisogna avere sempre qualcosa da dire, altrimenti il risultato sarà solo un insieme di pagine vuote.

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