DR. MUND

DR. MUND

Dr Mund è un artista visivo belga attivo da quasi vent’anni, il cui lavoro affonda le radici in un immaginario fiabesco, surreale e profondamente emotivo. Educatore capo in un centro per adulti con disabilità mentali, unisce quotidianamente arte e inclusione, promuovendo il talento degli altri tanto quanto il proprio. Il suo stile, che lui stesso definisce “popsurrealismo”, fonde dadaismo, surrealismo e cultura pop per creare mondi alternativi, lontani dalla realtà convenzionale. Tra i suoi simboli ricorrenti vi sono Alice nel Paese delle Meraviglie, figura chiave legata alla sua infanzia e alla sua paternità, e oggetti come l’hamburger e gli occhi, usati per evocare rispettivamente sogni perduti e riflessioni interiori. Pittura, installazione, scultura e prossimamente anche video: ogni mezzo è per lui una porta d’accesso a nuove esperienze sensoriali. Nel corso della sua carriera ha esposto in Belgio, Francia e oltre, e collabora stabilmente con la curatrice Charlotte Madeleine Castelli, figura chiave nel suo percorso evolutivo. Al centro della sua arte ci sono sempre emozione, onestà e riflessione: elementi che fanno delle sue opere uno specchio in cui il pubblico può riconoscersi, interrogarsi e lasciarsi trasportare.

Il tuo universo visivo sembra attingere a un immaginario fiabesco e surreale. Qual è il tuo legame con *Alice nel Paese delle Meraviglie* e perché hai scelto questo personaggio come fonte di ispirazione?

Le mie prime emozioni legate ad Alice risalgono all’infanzia, quando i miei nonni mi facevano vedere il cartone animato in videocassetta. Da piccolo, una malattia all’anca mi ha privato in gran parte di un’infanzia “classica” e serena. Penso quindi di aver sempre avuto questo desiderio di un ritorno all’infanzia, per tentare di recuperare quei momenti perduti. Alice è anche il secondo nome di mia figlia maggiore, Clothilde, e recentemente ho avuto l’occasione di realizzare un racconto illustrato, pubblicato da Editions Lamiroy, intitolato Alice au pays des merveilleux. Non c’è alcun legame narrativo con la storia originale, ma l’universo visivo è altrettanto stravagante e surreale. Insomma, Alice non è mai stata davvero lontana da me

Le tue opere evocano un senso di estraneità e un viaggio interiore. In che modo l’universo di Lewis Carroll si riflette nella tua ricerca artistica?

Penso di trovarmi al confine tra il dadaismo e il surrealismo nel mio lavoro, ma poiché vi integro anche molti elementi POP, mi piace definirlo “popsurrealismo”. Una cosa è certa: mi piace ricrearmi una realtà lontana da quelle convenzionali. Forse per sfuggire a una certa realtà, a un mondo che forse non evolve sempre in modo positivo…

Il tuo lavoro principale è molto impegnativo. Che posto occupa l’arte nella tua vita e che ruolo gioca nell’equilibrio della tua quotidianità?

In effetti, sono educatore capo di un laboratorio artistico in un centro per adulti con disabilità mentali, che unisce sia le arti plastiche sia le arti performative (teatro e musica). Gestisco un’équipe di educatori-animatori-artisti, ma mi occupo anche di tutti gli eventi artistici legati ai nostri laboratori, attraverso varie collaborazioni con musei, collezioni, rappresentazioni teatrali, concerti, ecc., con l’obiettivo di mettere in luce i talenti dei nostri artisti. In fondo, non mi allontano mai davvero dall’universo artistico: fa parte della mia quotidianità. Ma poter continuare a praticare la mia arte anche a casa rappresenta per me una vera e propria bolla d’ossigeno, indispensabile e necessaria!

Il tuo stile si muove tra pittura, scultura e installazione. Come scegli il mezzo più adatto per esprimere le tue idee?

Anche se la pittura su tela resta il mio mezzo preferito, mi piace esplorare altri modi di concepire il mio lavoro. Anche il luogo che ospita i miei progetti artistici ha una certa influenza sulla scelta del mezzo. Mi piace, innanzitutto, visitare lo spazio, lasciarmi ispirare e immaginare come lo spettatore potrebbe vivere l’esperienza. Mi piace molto giocare con la messa in scena, un po’ come a teatro o al cinema. Prossimamente, infatti, lavorerò su un altro aspetto: il video. Questo potrà aggiungere un’ulteriore dimensione al mio lavoro, un modo ancora diverso per entrare in relazione con il pubblico.

La tua estetica gioca con il concetto di regressione e di meraviglia. Quali emozioni desideri suscitare nel pubblico attraverso le tue creazioni?

Vorrei riuscire a mantenere la mia anima da bambino il più a lungo possibile! Mi hanno sempre definito un sognatore, fin da piccolo! Gli insegnanti dicevano spesso ai miei genitori che “avevo la testa tra le nuvole”, che ero distratto. Per quanto riguarda le emozioni, mi piace vedere comparire un sorriso sul volto del mio pubblico. Quando ne vedo affiorare uno, significa che un’emozione è già passata, e per me è, in un certo senso, una vittoria! Mi piace pensare che, forse, una parte della loro innocenza sia riaffiorata anche solo per un istante, e che questo abbia permesso alla loro mente di evadere un po’. Una cosa è certa: ogni mia opera è pensata per cercare di suscitare emozioni, avviare una conversazione, far riaffiorare un ricordo. Mi piace molto anche giocare sui contrasti, mi diverte moltissimo!

Lavori a stretto contatto con la curatrice Charlotte Madeleine Castelli. Che importanza ha per te il dialogo con una curatrice e in che modo influenza la tua evoluzione artistica?

Ritengo di essere molto fortunato a poter collaborare con Charlotte! Ma come dico spesso, non esistono davvero le coincidenze, ma piuttosto gli incontri significativi. Coloro che sono destinati a incontrarsi, prima o poi si incontreranno: basta non perdere il treno. Nel corso delle nostre conversazioni, ho colto in Charlotte una sensibilità sia intellettuale sia emotiva, accompagnata da un forte senso di responsabilità in ogni progetto che guida con grande maestria. È una persona davvero ispirante e profondamente coinvolta, che si batte come una guerriera per i suoi artisti. Nutro un enorme rispetto per lei e so di poter riporre piena fiducia nella sua competenza, sia artistica che giuridica. Dal punto di vista della mia evoluzione artistica, sentirmi sostenuto in questo modo rappresenta per me una nuova linfa vitale: sapere che c’è qualcuno capace di comprendere a fondo il mio lavoro e orientarlo verso progetti concreti, affidabili e ben strutturati è davvero fondamentale!

Le tue opere sembrano raccontare delle storie e offrire molteplici chiavi di lettura. Quanto è importante per te il coinvolgimento del pubblico nell’interpretazione del tuo lavoro?

Ciò che amo davvero è la condivisione con il pubblico. Mi piace poter sperare di fargli vivere un’esperienza che lo conduca alla riflessione, alla messa in discussione. Mi interessa molto suscitare nello spettatore un sentimento di coinvolgimento, come se fosse personalmente chiamato in causa. Do grande importanza al senso di ciò che dipingo, di ciò che esprimo. Credo che per gli artisti contemporanei sia fondamentale essere testimoni del proprio tempo, con tutti i suoi lati positivi e negativi. Un po’ come una fotografia dell’istante presente, da lasciare in eredità alle generazioni future.

Il mercato dell’arte e le sue dinamiche sono in continua evoluzione. Come vedi il tuo percorso artistico in questo contesto?

Una cosa è certa: non voglio perdere la mia identità. Tuttavia, credo che un artista debba necessariamente evolversi e vivere nel proprio tempo, nella propria epoca. Secondo me, tutto può diventare materia per creare, basta saperla utilizzare con intelligenza — comprese le nuove tecnologie. Nel 2026 saranno vent’anni che espongo, e in tutti questi anni il mio lavoro non ha mai smesso di evolversi.

Se dovessi descrivere la tua ricerca artistica con tre parole chiave, quali sceglieresti e perché?

Onestà: Perché sono sempre stato autentico e onesto nel mio percorso artistico. Non ho mai seguito una moda per essere più vendibile; ho sempre scelto di restare fedele alla mia identità e al mio stile.

Riflessione: Nella mia pratica artistica sono costantemente immerso nella riflessione e nell’autoanalisi. Prendo molti appunti, faccio numerosi schizzi ed esperimenti prima di arrivare a un progetto compiuto. Ma quando parlo di riflessione, mi riferisco anche all’emozione che può scaturire dalla visione di un’opera.

Emozione: In ogni mio lavoro c’è una componente emotiva, perché ogni pennellata rappresenta una parte di me che si manifesta. L’atto creativo non è mai banale. Chi colleziona un’opera, non acquista semplicemente un’immagine: è qualcosa di molto più profondo, è un “tutto” carico di emozioni, riflessioni, e di una parte dell’anima dell’artista.

Il motivo dell’hamburger appare spesso nel tuo lavoro. Cosa rappresenta per te e qual è il suo significato nel contesto della società contemporanea?

È vero, è un motivo abbastanza ricorrente nel mio lavoro da diversi anni. Da bambino, lo vedevo come un simbolo potente: ero attratto dai colori vivaci della pubblicità. Rappresentava per me l’american dream. Quando avevamo la possibilità di andare a mangiare in quelle grandi catene di fast-food, era come se, in qualche modo, quel sogno diventasse accessibile. Ma con il tempo il mio sguardo è cambiato, e oggi lo utilizzo molto più come una forma di denuncia del cibo spazzatura, come un messaggio politico! Sempre in modo velato, ovviamente. Accompagno sempre lo spettatore, con delicatezza, verso ciò che voglio fargli sentire come emozione.

Nelle tue opere, gli occhi sono un elemento ricorrente, spesso espressivi e inquietanti. Qual è il loro simbolismo e quali valori sociali emergono attraverso di essi nella tua arte?

Gli occhi sono così fragili, delicati. Hanno quella forza di poter trasmettere messaggi senza bisogno di parole. Hanno una forza espressiva che può risultare destabilizzante. Quando li utilizzo nelle mie pitture, generalmente lo faccio per creare un effetto specchio verso lo spettatore. Li rimando di fronte alle proprie esistenze e li invito a interrogarsi.

Quali sono i tuoi prossimi progetti e cosa possiamo aspettarci dal tuo universo artistico in futuro?

Il futuro ce lo dirà, ma sono pieno di ambizioni e desideri creativi! Sono una persona fedele, quindi ripongo tutta la mia fiducia e la mia ambizione nei progetti che Charlotte potrà propormi. Tuttavia, ho in programma delle mostre in Belgio e in Francia nel secondo semestre del 2025 e nel 2026. Ma chiaramente, credo che il mio universo artistico continuerà a evolversi e non vedo l’ora di farvi vivere queste esperienze!

A cura di Charlotte Madeleine Castelli

Comments

No comments yet. Why don’t you start the discussion?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *