ELISABETTA ALOIA, attrice, autrice e regista pugliese, per metà siciliana, laureata in Ingegneria Gestionale presso il Politecnico di Bari. Ha studiato presso il CUT di Perugia-Teatro Stabile dell’Umbria con Massimiliano Civica, Ludwig Flaszen e Roberto Ruggieri. Ha approfondito la sua formazione artistica sotto la guida di Paolo Panaro della Compagnia Diaghilev. Ha studiato con Massimo Verdastro da cui è stata diretta nel “Sogno di una notte di mezza estate” di W. Shakespeare, “SATYRICON-Un kolossal da camera” da Petronio e ne “La dodicesima notte” di W. Shakespeare, produzioni della Compagnia Diaghilev. Ha seguito corsi con Claudio Morganti, Enzo Vetrano e Stefano Randisi, Francesca della Monica, Danio Manfredini, Giorgio Barberio Corsetti, Roberto Castello, Balletto Civile, Accademia degli Artefatti, Marco Martinelli, Jurij Ferrini, Damiano Nirchio, Virginio Gazzolo, Salvatore Marci. Inizia un percorso sulla scrittura attiva e sulla drammaturgia prima con Rita Frongia e poi con Luciano Colavero che prosegue nel 2022 e ancora nel 2023 con Francesco Niccolini per Montagne Racconta, insieme a Claudio Milani. Ha lavorato con Enzo Vetrano e Stefano Randisi ne “La Città Invisibile” per i Cantieri dell’Immaginario del 2013. Ha lavorato come consulente con Xforming Srl di Torino, per interventi di formazione nell’ambito del Teatro d’Impresa. Dal 2015 entra a far parte del Libero Gruppo di Studio d’Arti Sceniche LGSAS, sotto la direzione di Claudio Morganti. Dal 2009 lavora con la Compagnia Diaghilev occupandosi anche di corsi di formazione. Ha collaborato con il Conservatorio “Nino Rota” di Monopoli e con la Fondazione Pasquale Battista, e con altre realtà del territorio pugliese come Marluna Teatro, la Compagnia Acasa, Senza Piume Teatro e l’Associazione Culturale In Scena. È interprete e regista di diversi spettacoli di cui è anche autrice. Con il suo progetto“Evelina vien dal mare” vince il bando di residenze TRAC 2022- speciale finestra sulle nuove generazioni, progetto per cui collabora con Daria Paoletta, Enrico Messina e Gaetano Colella e Armamaxa teatro. Cura la direzione artistica della prima edizione della rassegna di teatro al femminile “INAUDITA o di tutto quello che non si può tacere” organizzata dalla Fondazione Pasquale Battista in collaborazione con il Comune di Triggiano. In ambito cinematografico è coprotagonista del cortometraggio “CARA ALICE” di Gabriele Armenise che ha ricevuto il Premio Sorriso ANMIL all’interno del Festival Internazionale della Cinematografia Sociale Tulipani di Seta Nera, ha recitato nei film “PERCOCO – Il primo Mostro d’Italia” di Pierluigi Ferrandini, “L’ultimo paradiso” di Rocco Ricciardulli, “Per lanciarsi dalle stelle” di Andrea Jublin, nei cortometraggi “Tutù” di Lorenzo Tiberia, “Mia sorella è figlia unica” di Claudia Verroca, “Nu Ffischia” di Pierdomenico Minafra e Antonio Carella.
Quando e come è iniziato il tuo percorso artistico?
Ho cominciato a seguire laboratori di teatro al terzo anno di liceo, il Liceo Scientifico del mio paese, Mola di Bari, grazie ad un preside illuminato, mentre più o meno negli stessi anni con degli amici appassionati di teatro come me cominciavamo a mettere in scena diversi testi. E poi parallelamente al percorso universitario è partita la formazione vera e propria, tanti laboratori e masterclass su e giù per l’Italia, il CUT di Perugia e il Teatro Stabile dell’Umbria, l’incontro con Paolo Panaro della Compagnia Diaghilev con cui si può dire è iniziato il mio percorso artistico professionale vero e proprio e con cui ho collaborato per più di un decennio. E tanti meravigliosi artisti incontrati in questi anni, tra cui Massimo Verdastro, Claudio Morganti, Rita Frongia, Enzo Vetrano e Stefano Randisi, Francesco Niccolini e molti altri ancora da cui ho imparato tanto e con cui ho potuto affinare e migliorare le mie capacità di attrice e anche di autrice. Oggi invece provo a portare avanti un mio personale percorso artistico, con un mio personale balbettio del linguaggio, coi miei lavori, i miei testi e i miei progetti in divenire. Ma la mia formazione non finisce mica. Credo sia necessario continuare a migliorarsi anche e soprattutto come esseri umani, superare i propri limiti per poi spogliarsi delle sovrastrutture e tendere all’essenziale, nel gesto e nella parola. E magari sì, essere pronti al silenzio.
Parlaci di te, della tua passione e dei tuoi spettacoli.
Ho sempre avuto tanti interessi fin da ragazzina, mi piaceva cantare, recitare, conoscere e imparare nuove cose. Sono una persona molto curiosa, e mi piace studiare, lo ammetto. E poi i laboratori al liceo, gli spettacoli portati in scena in quegli anni, l’incontro con gli spettatori e con altri ragazzi innamorati del teatro che si spendevano tanto sulla scena ha infiammato la mia passione, già di base molto forte. E quello stare nel buio prima, per poi rinascere sotto quelle luci accecanti interpretando qualcun altro, cercando di creare un dialogo con lo spettatore sul piano della bellezza è un mistero talmente grande, una magia che non sempre accade, ma quando accade ti fa sussultare il cuore. I miei spettacoli? Vi parlo dei progetti che attualmente mi vedono in scena, di cui ho curato regia e drammaturgia: “Dateci i pantaloni! La Resistenza delle donne” un omaggio alle donne che hanno fatto la Resistenza e a tutte quelle donne che ogni giorno lottano per la libertà e per l’emancipazione. Un lavoro in condivisione con Marinella Dipalma, che ne ha curato la ricerca vocale. “Evelina vien dal mare” dedicato alle nuove generazioni che da poco è stato presentato al Maggio all’infanzia, scritto da Enrico Messina e da me. E poi c’è “La ianara” di Licia Giaquinto, che è il mio primo monologo in assoluto, diretto e interpretato da me a cui sono profondamente e visceralmente legata. E sono in scena con Arianna Gambaccini e Maria Elena Germinario ne “La Rocca di Giustina” testo e regia di Arianna Gambaccini, produzione Marluna Teatro, che si ispira alla storia di Giustina Rocca la prima donna avvocato della storia, nata a Trani.
Tante storie al femminile… di cui vado fiera.
Raccontaci di alcuni personaggi che hai interpretato.
Tanti. Diversi. Tutti interpretati con la stessa passione, dedizione, studio e rigore. Se penso a Giustina Rocca, credo che sia il personaggio che più si avvicini a me per temperamento e fede nella giustizia, quella vera. Ma anche interpretare una ianara, una strega, è stato un viaggio affascinante, per non parlare dei ruoli comici, come Suor Zenobia o i personaggi shakespeariani de “La dodicesima notte e del “Sogno di una notte di mezza estate”. E poi Medea, Madame Béjart… e tanti altri, che porto nel cuore.
Quali sono le emozioni che ti restano dopo esserti esibita?
Non parlo mai di esibizione, è un termine che non amo. Il mio è un lavoro da artigiana, lento, di fino, ci si aggiusta e si cresce ad ogni replica. E non si lavora mai per l’applauso finale… Ma quando arriva ed è sincero è come un abbraccio stretto che ti libera l’adrenalina in corpo e un po’ ti ripaga del grande lavoro che c’è dietro ad ogni spettacolo. Una grande energia, una scarica elettrica che arriva forte, una sensazione di benessere…
Ami il teatro ma hai mai pensato al cinema?
Sì, e devo dire che il cinema ti fa lavorare sull’essenziale, sul piccolo, l’infinitesimo. Un lavoro molto stimolante. E quando me ne danno la possibilità, perché non è un paese per donne e soprattutto non è un paese per attrici over 40, ci lavoro con grande passione ed entusiasmo. Come è stato per “Cara Alice” di Gabriele Armenise, “Percoco- Il primo Mostro d’Italia” di Pierluigi Ferrandini, “Tutù” di Lorenzo Tiberia, per citarne giusto qualcuno.
Cosa ti piace fare oltre alla tua passione?
Il Teatro che è il mio lavoro, quello che ho fortemente voluto, per me è un po’ “come l’acqua per i pesci. Il Teatro è un modo di amare le cose, il mondo, il nostro prossimo.” per usare le parole di Paolo Grassi e occupa gran parte della mia vita. Quando riesco a ritagliarmi un po’ di tempo amo leggere, andare al cinema, viaggiare e imparare cose nuove, delle più disparate.
Descriviti in 3 parole.
Pasionaria, Precisa, Pensosa.
Sogno nel cassetto?
Mi piacerebbe tanto avere uno spazio di lavoro mio, che sia uno spazio protetto, luogo libero e aperto all’incontro e alle collaborazioni. Per fare questo mestiere gli spazi di creazione sono fondamentali, vanno sostenuti e abitati per far sì che le idee e i progetti possano prendere vita e camminare da soli.
Progetti futuri?
“Sfiorata la tragedia. Ma ci è scappato il morto!” un nuovo lavoro, un testo che ho cominciato a scrivere anni fa, inizialmente un corto teatrale, ma arrivato a compimento negli ultimi due anni. Spero di avere l’opportunità di portarlo presto in scena.
Quello che ho sempre ammirato di Lisa, l’amica Lisa, è l’aver messo la passione per quello che fa e, inevitabilmente, per quello che è al centro della propria esistenza. Questo nonostante i pregiudizi degli altri, addetti ai lavori e non, e il continuo misurare la qualità della vita in base a parametri prettamente materiali.
La cosa che apprezzo più di lei? Gli abbracci stretti. 🙂