PATRICIA BARCALA DOMINGUEZ

PATRICIA BARCALA DOMINGUEZ

Patricia nasce nel 1982 in Galizia, Spagna, immersa nella natura e nella vivacità di una famiglia numerosa con nove fratelli. La sua infanzia, trascorsa tra i campi e gli animali della fattoria di famiglia, ha forgiato una personalità curiosa, creativa e profondamente legata ai materiali e alle forme naturali. Nel 2003 si trasferisce in Italia per inseguire il suo sogno nel mondo del design, un settore in cui il Paese eccelle a livello internazionale. Si laurea nel 2009 presso la Poliarte Accademia di Belle Arti e Design di Ancona, specializzandosi in design. Durante gli studi, collabora con agenzie di comunicazione e studi di architettura, affinando le sue competenze nella progettazione, decorazione d’interni e pianificazione. Nel 2011 inizia un percorso in Ingegneria Edile presso l’Università Politecnica delle Marche, che interrompe nel 2013 per trasferirsi negli Stati Uniti. Qui, per tre anni, arricchisce la sua formazione frequentando corsi di architettura del paesaggio e marketing alla Rutgers University (New Jersey), partecipando a numerosi concorsi di design industriale e grafico, sia individualmente che come parte di un collettivo di designer. È proprio negli Stati Uniti che inizia a lavorare nel campo della comunicazione scientifica, collaborando con gruppi di ricerca alla creazione di grafici e infografiche per pubblicazioni accademiche. Nel corso della sua carriera ha partecipato a decine di concorsi di design, ottenendo riconoscimenti in diversi ambiti, dall’industrial design alla moda. Le sue illustrazioni scientifiche sono apparse su riviste internazionali di prestigio, tra cui Nature, e il suo lavoro è stato presentato nel 2019 al Congresso Internazionale dell’American Geophysical Union a San Francisco. Dal 2016 lavora a tempo pieno per un’azienda che produce materiali innovativi, ma la sua vena creativa non si è mai spenta. Da sempre, attraverso il design e l’arte, esprime i suoi sentimenti più profondi, sperimentando con materiali diversi e dando particolare rilievo ai volumi e ai giochi di luce e ombra nelle sue opere. Nel 2023, incoraggiata da amici e familiari, decide di esporre il suo lavoro e inizia a partecipare a mostre. Ad agosto presenta la serie Writing in the Sand al Festival “Adriatico Mediterraneo”, esposta nella Sala Boxe per tutta la durata dell’evento. A settembre, il suo dipinto Morriña viene selezionato come vincitore al concorso per artisti emergenti di Spazio Diaz, sul Lago di Como. Da allora, partecipa a diverse mostre collettive, tra cui il Premio Mazzini della Fondazione Effetto Arte, che la seleziona per l’annuario 2025. Oggi, Patricia continua a esplorare le sue passioni artistiche e professionali, dedicandosi alla pittura con tecniche miste e affrontando nuove sfide nel mondo dell’arte, del design e della creatività.

Cos’è per te l’arte? E come definiresti la tua?

L’arte, per me, è la possibilità di esprimere e rappresentare emozioni e sentimenti legati al mio vissuto, mi permette di conoscere me stessa. Da quando ero piccola e fino a oggi, ogni opera è un frammento della mia storia, un racconto visivo che attraversa gli anni della mia vita e prende forma sulla tela. Una sorta di storytelling attraverso i colori, le forme, texture e materiali che uso in ogni opera, dove ogni singolo tracciato mostra un ricordo, un’emozione, un pezzo di me. Penso che la mia arte sia molto influenzata dal mio background in design, la potrei definire come contemporanea e minimale, in tante occasioni anche drammatica, diretta e imperfetta.

La tua infanzia in Galizia, immersa nella natura e in una famiglia numerosa, ha influenzato il tuo modo di creare arte? In che modo questi elementi si riflettono nel tuo lavoro?

Assolutamente sì. La mia infanzia in Galicia, circondata dalla natura e dalla vivacità e complessità di una famiglia numerosa, ha avuto un impatto profondo sul mio modo di fare e creare arte. Crescere tra i campi, gli animali e l’oceano mi ha insegnato a osservare il mondo in modo diverso, in modo molto più analitico e profondo, analizzare con sensibilità e avere un’attenzione maggiore ai singoli dettagli, a percepire la bellezza nelle piccoli cose di tutti giorni. Questa connessione con la natura e con le emozioni si riflette nelle mie opere attraverso colori, texture materiche e composizioni dinamiche, che spesso evocano ricordi, stati d’animo e sensazioni legate al mio vissuto. La memoria, le radici sono molto presenti nei miei lavori unendo il passato con il presente, tanto da dare a quasi tutti i miei quadri i titoli nella mia lingua originale, perché personalmente riesco a trasmettere di piú. Inoltre, essere cresciuta in una famiglia numerosa ha reso il mio mondo pieno di stimoli, voci e storie diverse, elementi che oggi trasformo in qualcosa di visivo. Ogni quadro è come una narrazione, un dialogo interiore. Essere la più piccola di tutti mi ha reso una persona indipendente e credo che proprio da questa indipendenza nasca in parte la mia creatività. Dovermela cavare da sola, gestire situazioni e affrontare sfide in autonomia ha alimentato la mia capacità di osservare, immaginare e trasformare le esperienze in arte.

Come il design e la comunicazione scientifica hanno influenzato il tuo approccio all’arte visiva? C’è un filo conduttore che lega questi ambiti?

Assolutamente sì, c’è un filo conduttore che lega design, comunicazione scientifica e arte visiva nel mio percorso: la volontà di trasformare concetti complessi in immagini evocative e accessibili. Dal design ho ereditato la ricerca dell’equilibrio visivo, l’importanza della composizione e l’uso consapevole di forme e colori per trasmettere un messaggio. Ogni elemento in un’opera deve avere un senso, proprio come in un progetto di design, dove estetica e funzione convivono armoniosamente. La comunicazione scientifica, invece, mi ha insegnato a semplificare e rendere visibile l’invisibile. Spiegare concetti attraverso infografiche e illustrazioni mi ha portata a sviluppare una sensibilità verso il potere narrativo delle immagini, qualcosa che applico anche nelle mie opere artistiche. Ogni quadro, in un certo senso, è una mappa visiva delle mie emozioni e del mio vissuto, proprio come un’infografica lo è per un fenomeno scientifico. In tutti questi ambiti, l’elemento chiave è la comunicazione: sia che si tratti di un dipinto, di un progetto di design o di una visualizzazione scientifica, il mio obiettivo è sempre quello di creare un legame emotivo e intellettuale con chi osserva.

Nel tuo lavoro giochi con volumi, luce e ombra. Quali tecniche e materiali utilizzi per ottenere questi effetti e cosa vuoi trasmettere attraverso di essi?

Il mio approccio ai volumi, alle luci e all’ombra dipende molto dal contesto, dal messaggio e dal mezzo utilizzato. Se si tratta di scultura o pitto-scultura, lavoro con materiali che mi permettono di essere ancora più espressiva, ovvero carta, cola, fili di cottone, tessuti di cotone, e tanti altri materiali. L’uso della luce diretta o diffusa, naturale o artificiale, è fondamentale per creare giochi di ombre e profondità che trasformano la percezione dello spazio e della materia. Attraverso questi effetti voglio trasmettere una sensazione di movimento e trasformazione continua, dando l’impressione che la materia sia viva e mutevole. La luce e l’ombra non sono semplici strumenti visivi, ma diventano elementi narrativi che evocano emozioni, tensioni e stati d’animo. In questo modo, cerco di coinvolgere lo spettatore in un’esperienza che vada oltre il visibile, toccando corde più profonde della percezione e dell’immaginazione.

Puoi raccontarci qualcosa sulla serie Writing in the Sand? Qual è il suo significato e cosa ha ispirato questa collezione?

Questa serie nasce per il pensiero di avere un pezzettino di spiaggia sulla nostra parete di casa, avere una scritta con la texture della sabbia , quella era la mia intenizone. Chi, in spiaggia, non ha avuto voglia di prendere un bastoncino di legno (o con le dita) per scrivere qualcosa sulla sabbia? Messaggi d’amore, una frase di liberazione, un messaggio d’aiuto o di pace. Messaggi che vengono cancellati dal mare: è in quel momento che un desiderio sembra avverarsi. La serie di quadri Writting in the sand racconta che non c’è limite ai sogni, che non ci sono barriere tra le persone, che quello che sembra effimero è destinato a durare per sempre, che le differenze sono barriere immaginarie.

L’opera Morriña ha vinto il concorso per artisti emergenti a Spazio Diaz. Qual è il suo messaggio e cosa rappresenta per te?

Morriña per me ha un significato profondo e da un’altro punto di vista anche doloroso. Il suo significato per me e che possiamo indossare qualsiasi vestito o corazze immaginarie, ma sotto ci sono sentimenti e sensazioni che fanno parte del nostro vissuto. Tutti abbiamo ferite e cicatrici, le conseguenze vengono a galla e questi abiti restano solo involucri.

Hai esperienza in diversi campi, dal design all’arte fino alla comunicazione scientifica. Qual è l’aspetto che ami di più del tuo lavoro creativo?

Quello che amo di più del mio lavoro creativo è la libertà di espressione e la possibilità di trasformare idee ed emozioni in qualcosa di tangibile. Indipendentemente dal mezzo, che siano il design, la pittura o la comunicazione scientifica – ciò che mi affascina è il processo di traduzione di un concetto in una forma visiva che possa raccontare una storia, evocare sentimenti o rendere comprensibile qualcosa di complesso. Nel design, mi entusiasma trovare soluzioni estetiche e funzionali, mentre nell’arte amo la spontaneità, l’imprevedibilità della materia e del colore. La comunicazione scientifica, invece, mi permette di unire creatività e conoscenza, trasformando dati e ricerche in immagini che rendano il sapere accessibile e coinvolgente. Ma ciò che più mi appassiona è il fatto che in ogni ambito il mio linguaggio visivo cresce e si evolve, adattandosi alle esperienze e alle sfide che incontro. È come un viaggio continuo, dove ogni progetto è un’opportunità per esplorare nuovi territori della creatività.

Partecipare a mostre ed eventi ha cambiato il tuo rapporto con l’arte? Come vivi il confronto con il pubblico e con altri artisti?

Il mio rapporto con l’arte é cambiato nel tempo portandomi a voler creare di più, avendo una visione più chiara per ogni singola opera che creo o che ho in mente, stimolando la mia creatività continuamente; mi ha fatto provare il desiderio di sperimentare nuove tecniche e materiali per poter esprimere al meglio ogni sensazione e sentimento. Se ho aspettato tanto per mostrare le mie opere un po’ era per il dover confrontarmi con il pubblico, non per le critiche ma per espormi come persona e esporre la mia persona. Far vedere cosa ho dentro nel mio profondo è lontano da quello che mostro ogni giorno nel mio lavoro o nella mia vita di tutti giorni. Per me non esiste un confronto con altri artisti, la realtà è che ogni artista è diverso ed esprime e crea in modo diverso, per cui per me non esiste confronto.

Quali sono le principali influenze artistiche che hanno ispirato il tuo stile e la tua ricerca espressiva?

Le mie influenze artistiche sono un intreccio di esperienze personali, connessione con la natura e riferimenti a diversi movimenti artistici. Crescere in Galicia, immersa in paesaggi selvaggi e affascinanti, ha lasciato un segno profondo nel mio immaginario visivo: la materia, la luce e i colori della mia terra si riflettono nelle texture e nelle atmosfere delle mie opere. A livello artistico, mi sento particolarmente ispirata dall’espressionismo e dall’astrattismo, per la loro capacità di tradurre le emozioni in forma e colore. Tanti sono gli artisti che mi hanno influenzata per la loro intensità espressiva e l’uso della materia come Alberto Burri. Anche l’arte informale e il lavoro di Antoni Tàpies mi hanno spinto a sperimentare con materiali e stratificazioni, creando superfici che raccontano storie attraverso segni e incisioni. Oltre alla pittura, anche il design e la grafica hanno modellato il mio stile, portandomi a ricercare un equilibrio tra spontaneità e struttura. Infine, la mia esperienza nella comunicazione scientifica ha stimolato il mio interesse per la visualizzazione concettuale, influenzando il modo in cui costruisco le mie composizioni e do significato agli elementi che inserisco nelle mie opere.

Se dovessi descrivere il tuo percorso artistico con tre parole, quali sceglieresti e perché?

Materia, trasformazione, crescita.

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi? Hai nuove mostre o progetti in programma per il futuro?

Come progetti ho iniziato a lavora su una nuova serie con nuovi materiali che non ho mai usato nelle mie serie precedenti. Sono molto emozionata perché sono stata stimolata a usare questo nuovo materiale da due artisti contemporanei come Pier Paolo Calzolari e Giovanni D’Agostino. Ho diverse mostre quest’anno, sia in versione digitale sia in presenza. Pero l’obiettivo sarebbe quella di fare una da sola, in qualche città importante.

Descriviti in tre colori.

Verde, bianco e nero.

Comments

No comments yet. Why don’t you start the discussion?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *