SANDRO ORLANDI

SANDRO ORLANDI

Sandro è nato nel 1951 a Roma. Medico ospedaliero, è autore di brani musicali che hanno conseguito diversi premi e riconoscimenti. Alcune delle sue canzoni sono state incise su cd. Ha scritto anche poesie, racconti e romanzi, conseguendo premi e segnalazioni. Le sue opere sono state apprezzate dal pubblico e dalla critica. Ha pubblicato Le api di Paulette (Ed. Il Filo’08) L’odore del pane (Ed. Montag ’10) Una rossa rosa bianca (Ed. Robin ’10) Soffi di Vita (Ed. Progetto Cultura ’11) La chiave del cielo (Ed. Gds ’12) Soli diversi (Ed. Gds ‘13) Il popolo delle stelle (Ed Antipodes ’14) I.V.G. (Ed Antipodes ’14) Calma di vento (Ed. Antipodes ’15) Fuoco blu (Ed. Antipodes ’15) Frammenti (Ed. Antipodes ’15) Azrael (Ed. Helicon ‘16 – 1° classificato al Premio Thesaurus Matera 2015 – 1° classificato al Premio Intreccio d’Autore ’15 – 3° classificato al Premio Giovane Holden di Lucca ’15) Il volo del cigno – Premio speciale della giuria Giovane Holden di Lucca (Antipodes ’16) Il caso Timbari – 1° classificato Premio Samhain (Antipodes ’18) La vita non è una farsa (Antipodes ’18) Dove il sole non sorge (Antipodes ’19) Il silenzio della neve (Antipodes ’20) Non c’è più tempo (Antipodes ’20) Un sacchetto di biglie (ricordi smarriti) (Antipodes ’21) La pazienza del tempo (Antipodes ‘23) Lucciole (Antipodes ‘23).

Come riesci a conciliare la tua professione di medico ospedaliero con la scrittura e la musica? Ci sono punti di contatto tra queste passioni?

Sono in pensione ormai e quindi non ho più problemi, ma quando lavoravo in ospedale era diverso. Mi ritagliavo il tempo come potevo, barcamenandomi con difficoltà, anche di notte. Ma per scrivere lo spazio lo trovavo sempre, magari in condizioni assurde, come mentre stavo in riunione, o in ambulatorio, o in stanza quando potevo. Ma anche fuori dell’ospedale il tempo era poco e prezioso, quindi, perché no?, quando facevo la fila alla posta o aspettando dal barbiere e così via, considerando anche il fatto che la buona idea ti coglie spesso all’improvviso, quando meno te l’aspetti e ovunque tu sia. Non c’è molta differenza per me tra lo scrivere una brano musicale o un racconto, magari la canzone, avendo bisogno di una melodia da suonare implica anche un continuo esercizio strumentale che non sempre è possibile.

Le tue opere spaziano tra romanzi, poesie e canzoni. Cosa determina la scelta della forma espressiva per una storia o un’emozione?

Quasi sempre per una canzone nasce prima la melodia e poi il testo, ma anche la melodia nasce per una idea o un emozione che ho provato in risposta a qualcosa che ho visto, sentito, letto o ascoltato. Come già dicevo prima non è molto diverso per un racconto o una poesia, ma se ciò che devo esprimere è qualcosa di complesso con significati molteplici è preferibile tentare la strada del romanzo, che, entro certi limiti, alla fine “si racconta” da sé.

Ci sono esperienze vissute in ambito medico che hanno ispirato direttamente alcune delle tue storie o poesie?

Sì. Necessariamente quando ritengo giusto descrivere atti violenti, come in un thriller, mi viene spontanea una descrizione minuziosa di una ferita inferta con un coltello, o di una pallottola o di un veleno. Rende la scena molto più intensa, vera e il lettore apprezza. Ma soprattutto in un caso ho riportato la mia esperienza di lavoro, quella descritta in “IVG” dove riporto otto storie vere di donne che hanno abortito volontariamente, con tutti i drammi che una scelta di questo tipo comporta e descrivendo anche cosa si prova a lavorare in questo campo. Naturalmente mi sono avvalso di nomi fittizi. Vi assicuro che, malgrado siano storie vere, la narrazione resta avvincente, anzi, forse lo è proprio perché è tutto vero.

Qual è stato il processo creativo dietro Azrael, considerando i numerosi premi ricevuti? C’è un messaggio particolare che volevi trasmettere?

Azrael prende spunto dalla storia vera di una serial Killer che tenevo a descrivere come una persona, non come un mostro, un pazzo delirante, un essere umano, anche se ovviamente con seri problemi mentali e comportamentali, ma in grado di vivere, lavorare, e perfino di amare, come tutti noi. Troppo spesso queste persone non vengono considerate tali ma solo come individui indegni e anormali, al punto di non avere alcun diritto di esistenza. Ma forse i premi dipendono anche dai personaggi e dalle situazioni che si vengono a creare nella narrazione, un thriller certo, ma con momenti comici e ironici che stemperano la violenza insita nel romanzo.

Scrivi seguendo un piano preciso o lasci che le idee fluiscano liberamente durante la stesura?

Di solito inizio a scrivere senza sapere esattamente come continuerà la storia e lascio che siano i personaggi stessi a guidarmi, ma sempre tenendo a mente ovviamente cosa voglio dire e dove voglio andare a parare. E’ indispensabile scriversi uno schema elaborativo per mettere ordine nella stesura, poi il resto verrà da sé. Qualche volta succede di cambiare rotta, perché mentre scrivo vengono idee diverse rispetto a quelle iniziali che magari non convincono più, o perché un personaggio, diciamo così, “mi chiede” di essere diverso da come l’ho descritto.

La tua produzione letteraria è molto ampia. C’è un libro a cui ti senti particolarmente legato? Se sì, quale e perché?

Sì, “il Volo del cigno” dove ho affidato al protagonista i miei pensieri e le mie convinzioni personali sulla vita, la politica, la società e le persone, non ultimo anche sull’amore. Mi sono molto immedesimato in lui. Inoltre è un tuffo nel passato perché è un romanzo storico/thriller che rivisita il delitto Moro del 1978 aggiungendo una storia inedita e immaginaria ma estremamente verosimile, con una narrazione che spazia dai tempi delle brigate rosse ad oggi. E’ stato premiato col premio speciale della giuria a Lucca e mi piace pensare che chi l’ha letto sia stato conquistato dagli ideali “poco allineati” che ha sottolineato nel giudizio critico. Poi naturalmente sono legato alla mia autobiografia, in cui riporto eventi della mia vita assolutamente veri, e che dimostrano quanto sarebbe affascinante e avvincente la nostra vita se solo ce ne rendessimo conto, malgrado l’apparente normalità.

Le tue canzoni hanno ricevuto diversi premi. C’è un tema ricorrente nei tuoi testi musicali?

In realtà spesso le mie canzoni sono racconti messi in musica, dove esprimo quel che sento e tento di condividere con chi le ascolta il mio sentimento di disagio, tristezza, amore, felicità. I temi sono molteplici, non parlo solo d’amore, ma credo che di ricorrente ci sia la volontà di spingere chi ascolta a cambiare punto di vista, come spesso faccio anche con i racconti.

Come scegli i titoli dei tuoi romanzi? Hanno un significato simbolico o nascono spontaneamente durante la scrittura?

Il titolo è sempre stato un problema. Quasi mai nasce prima del romanzo e spesso fatico a trovarlo, anche quando ho finito. Il fatto è che il titolo è importante perché, come la copertina, è la prima cosa che attrae chi si avvicina al romanzo. Deve essere accattivante ma anche fedele a cosa si è scritto, senza mai imbrogliare il lettore. Per fortuna c’è mia moglie che mi aiuta in questo, come anche nella narrazione, essendo la mia prima e preziosissima lettrice.

C’è un autore o un musicista che consideri un modello o una fonte d’ispirazione?

Certo, sono convinto che tutti noi che scriviamo o componiamo abbiamo qualcuno che ci guidi, spesso anche senza che ce ne rendiamo conto. Per la scrittura sicuramente il grande Camilleri, ma anche altri, tra cui Andrea Vitali, un collega che apprezzo moltissimo. Per la musica le ballate celtiche e il mio mito: Fabrizio de Andre’, anche se in realtà ho composto perfino una canzone rap.

Hai in mente nuovi progetti letterari o musicali per il futuro?

Devo riconoscere che da qualche tempo sono alla ricerca di qualcosa di diverso che sappia farmi esprimere in modo più diretto, senza regole di scrittura o dettami di stile, ma ancora non so se ci riuscirò, anche perché vorrei ampliare la platea dei miei fan da coinvolgere in quel che sento, ma non dipende solo da me. Non ho mai trovato la strada per la notorietà e mi sono un po’ stancato di cercarla. Nel frattempo scrivo poesie e racconti, giusto per continuare a esprimermi, per far uscire, diciamo così, quel che mi bolle dentro, altrimenti, come una pentola a pressione, rischio di esplodere.

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