SILVIA BRANCA è un’artista argentina poliedrica: attrice, artista visiva e architetta. Nel mio percorso di vita, come in tutte le mie attività, seguo un filo conduttore, lasciandomi però sorprendere dagli imprevisti che l’Universo mi riserva. Questo approccio mi ha spesso portata in direzioni inaspettate, arricchendo il mio cammino con esperienze straordinarie. Come attrice, ho una solida formazione nelle tecniche di recitazione, costantemente affinata grazie al lavoro con maestri come Roxana Rendón, Gastón Cocchiarale e lo Studio Julio Chávez. Questa preparazione mi ha permesso di sviluppare una profonda comprensione del mestiere, spaziando tra generi diversi. Negli ultimi anni, ho arricchito la mia esperienza davanti alla macchina da presa collaborando con registi come Maru Blanco e Gastón Cocchiarale, partecipando a mediometraggi, miniserie e cortometraggi. Questi progetti mi hanno fornito un approccio pratico e professionale alla recitazione audiovisiva, completando il bagaglio acquisito in workshop e seminari con altri registi. Parallelamente alla recitazione, mi sono dedicata al lavoro di modella fotografica per marchi e prodotti. Questa esperienza mi ha insegnato a comunicare visivamente e a comprendere le dinamiche del settore. L’equilibrio tra formazione attoriale e modellismo autodidatta mi ha donato una prospettiva completa sull’interpretazione, sia sul palco che davanti alla telecamera. Come artista visiva, il mio lavoro nasce dalla fusione tra concetto e gestualità spontanea. Ogni opera si sviluppa senza un bozzetto preliminare, riflettendo ciò che vibra dentro di me in quel momento. Il mio amore per l’arte è nato a sette anni, quando ho iniziato a frequentare corsi con maestri di rilievo e a studiare la storia dell’arte. Durante un’esperienza in Europa, mi sono avvicinata alla fotografia, partecipando a concorsi e vincendo premi. Negli ultimi anni, la mia arte si è espansa, conquistando un pubblico sempre più ampio. Ho esposto in Argentina, in gallerie e musei, e in prestigiosi eventi internazionali, come la XIV Florence Biennale di Firenze, Art Shopping a Parigi e l’Amsterdam Arts District. Le mie opere sono state vendute in città come Madrid, Londra e Berlino, e ho avuto l’onore di creare un’opera tematica per l’esposizione permanente a La Maison de l’Argentine a Parigi. La mia arte continua a evolversi, spinta dal desiderio di esplorare nuove forme di espressione e connessione con il pubblico. Attraverso le mie creazioni, cerco di trasmettere emozioni, pensieri e momenti destinati a durare nel tempo.
La sua carriera è incredibilmente varia e abbraccia recitazione, arti visive, architettura e design. Come concilia tutte queste passioni? C’è un filo conduttore che le unisce?
La mia carriera è stata estremamente diversificata perché ho sempre cercato di integrare varie forme di espressione creativa. La recitazione, le arti visive e l’architettura, pur essendo discipline diverse nella forma, condividono un’essenza comune: la capacità di raccontare storie e di comunicare emozioni e idee. Nella recitazione mi connetto con i personaggi e le situazioni, mentre nelle arti visive e nel design esprimo concetti e sensazioni attraverso immagini e forme. L’architettura, dal canto suo, mi permette di immaginare come gli spazi possano influenzare l’esperienza umana. Il filo conduttore che lega tutte queste passioni è il desiderio di trasformare l’ambiente, sia attraverso l’emozione di una performance, l’estetica di un’opera visiva o la funzionalità e la bellezza di uno spazio. Per trovare un equilibrio, ho imparato a gestire il mio tempo e le mie energie, lasciando che ogni disciplina si alimenti delle altre. Questo non solo mi mantiene ispirata, ma anche concentrata e produttiva.
Nel campo della recitazione ha lavorato con nomi importanti come Roxana Randón, Gastón Cocchiarale e nello Studio Julio Chávez. Qual è l’insegnamento più importante che ha ricevuto da questi maestri, e come lo applica nel suo lavoro?
La lezione più importante che ho appreso da questi insegnanti eccezionali è stata l’importanza dell’autenticità nella recitazione. Ognuno di loro mi ha trasmesso il valore di essere fedele alle mie emozioni e alla mia verità quando interpreto un personaggio. Roxana Randón mi ha insegnato a connettermi profondamente con le emozioni, Gastón Cocchiarale mi ha mostrato come strutturare una scena attraverso spontaneità e ritmo, mentre Cristina Osses dello Studio Julio Chávez mi ha aiutato a sviluppare una maggiore consapevolezza della relazione con il pubblico e della presenza scenica. Questi insegnamenti sono parte integrante del mio lavoro: cerco costantemente di creare un legame autentico con il personaggio, la scena e lo spettatore, senza mai perdere l’essenza del mio essere.
Come si sente nel combinare architettura e arte visiva nella sua carriera professionale? Ci sono elementi dell’una che influenzano l’altra?
Sono entusiasta di combinare architettura e arte visiva nella mia carriera. Entrambe le discipline condividono un approccio creativo e il potere di trasformare spazi e percezioni. L’architettura non è solo funzionale, ma anche un’espressione artistica, e l’arte visiva può arricchire gli ambienti costruiti con nuove prospettive e sensazioni. I due campi si influenzano a vicenda: i movimenti artistici contemporanei possono ispirare nuove forme di design architettonico, mentre le innovazioni in architettura possono suggerire nuovi approcci nell’arte. Questa sinergia amplia i miei orizzonti, permettendomi di creare progetti che siano non solo funzionali, ma anche esteticamente ed emotivamente significativi.
Il suo lavoro come artista visivo ha acquisito una grande visibilità internazionale. Qual è il processo che segue per creare una nuova opera d’arte e come descriverebbe la sua evoluzione artistica?
Il mio processo creativo inizia con una fase di esplorazione e riflessione. Traggo ispirazione dall’osservazione del mondo che mi circonda: la natura, le emozioni umane, la scrittura o momenti personali. Da lì abbozzo concetti, sperimentando diversi approcci senza un’idea fissa all’inizio, lasciando che il processo prenda forma naturalmente. Ogni opera è un viaggio in cui anche gli errori diventano opportunità di apprendimento. A seconda del progetto, utilizzo media tradizionali o digitali, giocando con texture, forme e colori. La mia evoluzione artistica è stata un processo di auto-esplorazione e sperimentazione continua. Ho iniziato con influenze più tradizionali, ma nel tempo ho sfidato queste radici per sviluppare un linguaggio visivo unico, capace di esprimere temi personali e universali. L’interazione con altri artisti e culture ha arricchito la mia prospettiva, portandomi a fondere tecniche diverse, dal figurativo all’astratto, in una ricerca costante di nuove forme espressive.
Ha iniziato a lavorare come modella fotografica e nel cinema. Qual è la differenza principale tra recitare sul palco e recitare davanti alla telecamera? E cosa le ha insegnato questa esperienza sulla comunicazione visiva?
La differenza principale tra recitare sul palco e davanti alla telecamera sta nel modo in cui si trasmettono emozioni ed energia. Sul palco l’attore deve proiettare la sua voce e i suoi movimenti per raggiungere ogni spettatore, indipendentemente dalla distanza: la recitazione è più ampia, quasi fisica. Davanti alla telecamera, invece, la performance è più intima e dettagliata; anche un piccolo gesto o uno sguardo può comunicare molto. Questa esperienza mi ha insegnato l’importanza della precisione e del controllo emotivo, oltre a come luce, angoli e movimenti possano raccontare una storia senza parole. Ho imparato che ogni dettaglio visivo, anche il più piccolo, ha uno scopo nel costruire la narrazione.
La sua serie Shared Worlds sarà esposta al Museo d’Arte Contemporanea Beato Angelico. Come considera questa opportunità e cosa significa per lei?
Mi sento incredibilmente grata ed emozionata per questa opportunità. Vedere la mia serie Shared Worlds diventare parte permanente di un’istituzione culturale così importante è un onore profondo. Significa condividere la mia visione con le generazioni future e lasciare un segno nel panorama artistico del mio paese. È un’opportunità che rafforza il mio impegno a contribuire al dialogo culturale attraverso l’arte
Nel 2023 hai presentato il tuo primo libro d’arte bilingue, KON DAG, un’opera molto personale. Cosa ti ha ispirato a scriverlo e quale messaggio speri di trasmettere ai lettori?
KON DAG è un progetto profondamente personale, nato dalla necessità di esplorare ed esprimere emozioni, riflessioni e momenti significativi della mia vita attraverso l’arte. Negli anni, ho osservato come le esperienze quotidiane, le culture e le interazioni umane possano generare connessioni profonde che, tuttavia, spesso trascuriamo. Attraverso il mio lavoro, ho cercato di catturare l’essenza di queste connessioni: quel senso di appartenenza e riflessione che emerge nel caos della quotidianità. Il titolo stesso, KON DAG, rappresenta i contrasti e le dualità che ho incontrato nel mio percorso: l’equilibrio tra tradizione e modernità, tra individualità e collettività, tra razionalità ed emozione. Attraverso i colori, le forme e le composizioni, volevo trasmettere un messaggio di autenticità. Credo che ognuno di noi sia composto da un amalgama di momenti, ricordi e percezioni che, osservati attentamente, formano un’opera unica e irripetibile. Spero che i lettori trovino in KON DAG non solo una riflessione sull’arte, ma anche un invito a osservare più a fondo le proprie esperienze, a connettersi con la propria identità e a scoprire la bellezza nel quotidiano. Il mio messaggio è semplice: tutti abbiamo una storia da raccontare, e quelle storie, per quanto personali, possono creare ponti di comprensione e risonanza con gli altri.
Hai un profondo interesse per il benessere umano, che ti ha portato a studiare metafisica e a scrivere un blog ispirazionale. In che modo queste esperienze hanno influenzato il tuo approccio all’arte e alla vita quotidiana?
Il mio interesse per il benessere umano è stato una forza trainante nella mia vita, sia a livello personale che professionale. Studiando metafisica, ho imparato che la realtà è più complessa di ciò che percepiamo superficialmente. Questa prospettiva mi ha insegnato a guardare la vita con maggiore profondità, cercando le connessioni invisibili tra esperienze, pensieri ed emozioni. La metafisica mi ha offerto strumenti per riflettere sul senso dell’esistenza, sulla natura della coscienza e su come le persone possano superare i propri limiti per vivere pienamente. Questa consapevolezza mi ha ispirato a creare un blog, dove condivido idee su come migliorare la qualità della vita, ritrovare l’equilibrio e raggiungere il benessere interiore. Scrivere mi permette di sintetizzare le mie esperienze e offrire agli altri una prospettiva positiva e riflessiva. In campo artistico, queste conoscenze hanno profondamente influenzato il mio approccio: l’arte è diventata per me una forma di espressione profonda, non solo estetica ma anche emotiva e spirituale. Come nella metafisica, l’arte apre una porta all’introspezione e alla trasformazione personale. Ogni opera riflette una ricerca di armonia e diventa uno strumento per esplorare la condizione umana. Queste esperienze mi hanno insegnato a valorizzare i piccoli momenti, a essere più consapevole delle mie emozioni e a interagire con gli altri in modo empatico ed equilibrato. Credo fermamente che il benessere non sia solo un obiettivo individuale, ma qualcosa che possiamo promuovere collettivamente attraverso l’arte e la riflessione.
La tua carriera vanta numerosi successi in architettura, tra cui il riconoscimento come finalista nella categoria Innovazione. Qual è la tua visione dell’architettura in relazione alla sostenibilità e al benessere delle persone?
La mia visione architettonica ruota attorno alla creazione di spazi che siano non solo funzionali ed esteticamente gradevoli, ma anche rispettosi dell’ambiente e capaci di promuovere il benessere delle persone. La sostenibilità deve essere un principio centrale in ogni progetto, attraverso l’uso di materiali ecologici, l’ottimizzazione del consumo energetico e un’efficiente valorizzazione delle risorse naturali. Tuttavia, credo sia altrettanto importante che l’architettura tenga conto del benessere fisico ed emotivo di chi vive quegli spazi. Gli ambienti devono favorire la salute, stimolare la socialità e garantire un’atmosfera armoniosa e confortevole. L’architettura ha il potere di influenzare profondamente la salute mentale e fisica, ed è per questo che ritengo fondamentale progettare luoghi che migliorino la qualità della vita, tanto individualmente quanto collettivamente. Solo bilanciando sostenibilità e benessere possiamo rispondere alle sfide del presente e del futuro.
Hai co-creato La Riviere, uno spazio di design multifunzionale. Come descriveresti l’importanza di un ambiente ben progettato per il benessere delle persone?
Un ambiente ben progettato ha un impatto diretto sulla qualità della vita e sul benessere delle persone. Non si tratta solo di estetica, ma di come uno spazio possa migliorare l’umore, favorire la produttività e offrire comfort. In uno spazio multifunzionale come La Riviere, il design integra armoniosamente praticità, stimolazione e accoglienza. Un buon progetto incoraggia l’interazione sociale, promuove il rilassamento e crea un’atmosfera in cui le persone possono sentirsi a proprio agio e in connessione con ciò che le circonda. In definitiva, un ambiente ben progettato non solo abbellisce lo spazio, ma arricchisce la vita di chi lo vive, favorendo un’esperienza di benessere completa.
Nel 2022 sei stata riconosciuta come una delle donne più influenti nel mondo dell’innovazione. Quali valori ti guidano nel tuo percorso imprenditoriale e come speri di lasciare un impatto positivo sulla società?
I valori che mi guidano sono innovazione, impegno sociale, empatia e integrità. Credo che il successo non si misuri solo in termini di risultati economici, ma nella capacità di generare un impatto positivo sulla comunità. L’innovazione mi permette di trasformare le idee in soluzioni concrete che rispondono alle necessità reali. L’impegno sociale, invece, mi spinge a realizzare progetti che non siano solo redditizi, ma che contribuiscano al benessere collettivo, in particolare in ambiti come istruzione, salute ed emancipazione delle donne. L’empatia è fondamentale per comprendere le sfide delle persone e offrire risposte che abbiano un impatto significativo. Infine, l’integrità è la bussola che mi ricorda di agire sempre in modo etico e trasparente. Il mio obiettivo è lasciare un’eredità di trasformazione sociale e imprenditoriale, promuovendo un ecosistema inclusivo che ispiri le future generazioni a essere non solo leader di successo, ma agenti di cambiamento.
Quali sono i tuoi progetti futuri e i tuoi sogni per i prossimi anni?
Nel campo dell’arte, desidero continuare a esplorare nuove tecniche e media, creando opere che uniscano fotografia, pittura e installazione per esperienze immersive. Vorrei esporre sia a livello nazionale che internazionale, condividendo le mie idee e connettendomi con pubblici diversi. In architettura, sogno di guidare progetti interdisciplinari che fondano arte, design e tecnologia, creando spazi innovativi e accessibili. Il mio obiettivo principale, tuttavia, è continuare a crescere integrando le mie passioni e contribuire in modo significativo al mondo dell’arte, del design e dell’architettura.
Che consiglio daresti a chi vuole intraprendere una carriera che unisce arte, architettura e design? Come mantenere l’autenticità in un mondo competitivo?
Queste discipline, pur diverse, si intrecciano nel processo creativo. Consiglio di cercare progetti che permettano di combinare questi approcci, anziché trattarli come ambiti separati. L’autenticità è la tua forza più grande. Non cercare di adattarti agli standard esterni; concentrati su ciò che ti rende unico. Abbraccia i tuoi rischi, esplora nuove idee e circondati di persone che apprezzano il tuo approccio. Come dice il Maestro Guru Singh: “L’intuizione non è indovinare, è sapere.”