TINTA

TINTA, all’anagrafe ANNA VALENTINI, nasce artisticamente nel 2006 quando vince il concorso di letteratura erotica “Carte Segrete”, organizzato dall’Associazione Nuove Produzioni Spettacolari di Mimmo Mongelli, con la collaborazione, tra gli altri, di Monica Maggi (scrittrice e giornalista romana, oggi nota come “La libraia felice”) e Maria Marcone (scrittrice e poetessa di impegno sociale). La passione per la scrittura accompagna Tinta sin dall’infanzia, anche se durante l’adolescenza si dedica quasi esclusivamente alla poesia. In età adulta approda per caso alla letteratura erotica e abbraccia lo pseudonimo che la segue in tutte le sue produzioni letterarie successive. Pubblica “Lettera aperta ad un amante” nel 2008 con la Wip Edizioni, a cui segue “L’eros tanti colori una sola Tinta”. Nel frattempo, intensifica la sua collaborazione con la band monopolitana Atempoperso di cui diviene front-woman e autrice dei testi, mentre la parte musicale è affidata a Gaetano Todaro. I brani composti con la band (circa una sessantina) fanno da colonna sonora ai reading di Tinta, che sono vere e proprie performance in cui fonde varie forme di espressione artistica (canta, legge, recita). Nel 2013 pubblica “Una donna (quasi) scaduta”, elogio della donna matura e delle imperfezioni umane, romanzo ironico e divertente che porta in giro per l’Italia in circa 40 tappe. Durante la promozione del libro, è stata protagonista di una mostra fotografica che si è tenuta al Museo della Fotografia di Bari, con scatti della fotografa Bitrittese Francesca Sigrisi. Partecipa a festival di rilievo nazionale, come il Women Fiction Festival di Matera e il Festival delle Letterature dell’Adriatico di Pescara. Nel 2016 torna brevemente alla letteratura erotica con “La fine dei giochi” e, di tanto in tanto, negli anni fa delle incursioni nel genere, anche se non si è mai riconosciuta nell’etichetta di scrittrice erotica. Nello stesso anno partecipa al concorso internazionale Antonia Pozzi e viene insignita con la Rosa d’argento, prestigiosa onorificenza assegnata dal Comune di Roseto degli Abruzzi a personalità di spicco nel mondo della cultura, dell’arte e del sociale. Nel 2017 con “Lasciatemi dormire” (Les Flaneurs) affronta il tema del disagio psichico. Dal 2019 fa parte del collettivo di autori “Lulù che fa storie”, guidato dalla scrittrice campana Cristiana Danila Formetta. Nello stesso anno Tinta pubblica “Una donna fuori produzione”, sequel ideale di “Una donna (quasi) scaduta”, e inizia a collaborare alla rivista femminile e femminista del collettivo, “L’altra metà del cielo”. Sempre con Lulù pubblica nel 2021 “Donne che amano le donne”, e-book di racconti a tema LGBT, che rimane al primo posto nella top 100 di Amazon (letteratura erotica lesbica) per molte settimane. Temi connessi all’identità sessuale vengono trattati anche nel romanzo di formazione “Edere. Amiche. Amanti. Donne” uscito nel 2022. Nello stesso anno pubblica con Les Flaneurs “La mantide”, romanzo erotico-noir, in cui sonda il lato oscuro dell’essere donna e riprende le presentazioni, sospese durante la pandemia. Nel 2023 esce “La casa delle vedove”, romanzo sul dolore e la resilienza, che Tinta presenta attraverso monologhi, in cui fa parlare le protagoniste, e canzoni eseguite a cappella. Nel frattempo, infatti, la band si è sciolta a causa della pandemia, ma la passione per la musica e lo spettacolo in generale resta. Tra il 2022 e il 2024 Tinta è stata direttrice artistica di una rassegna che ha avuto due edizioni, dal titolo “Parla come scrivi – gli autori si raccontano”, in cui ha ospitato una trentina di autori pugliesi dando loro la possibilità di esprimersi a tutto tondo. Obiettivo della rassegna era, infatti, quello di conoscere la persona che si cela dietro le pagine di un libro, con passioni, sogni e motivazioni. Sul palco messo a disposizione dallo “Stardust” (locale barese) gli autori hanno potuto cantare, recitare, esporre quadri e parlare delle motivazioni che li hanno spinti alla scrittura. La rassegna è stato un piccolo successo personale per Tinta. Dal 2023 cura per “Lulù che fa storie” la rivista di poesia “Almanacco poetico contemporaneo”. Attualmente è impegnata nella stesura di due romanzi, anche se ne ha uno chiuso nel cassetto, definito da chi l’ha letto “pasoliniano”. Quest’anno festeggia 18 anni di attività letteraria e non ha nessuna intenzione di fermarsi!

Cosa ti ha spinto a scegliere il nome d’arte “Tinta” e cosa rappresenta per te?

Più che qualcosa, c’è stato qualcuno che mi ha spinto a usare questo pseudonimo. Anzi, qualcuno che me lo ha proprio appiccicato addosso! Era il 2006 e una persona all’epoca a me molto cara mi spronò a partecipare al concorso “Carte Segrete” e in un messaggio mi scrisse: “D’ora in poi ti chiamerò Tinta.” Et voilà! Il nome mi piacque, partecipai al concorso e lo vinsi. Mi portò fortuna. Perché abbandonarlo? Stavo addirittura pensando di farlo inserire nella carta d’identità! Tinta è l’alter ego di Anna. Tinta può scrivere cose che Anna non avrebbe mai il coraggio di pronunciare in pubblico. Anche adesso che ho cambiato genere, quando sono davanti al pubblico io sono Tinta! Come dico a volte “Tinta sta ad Anna, come David Bowie sta a David Robert Jones, o Renato Zero a Renato Fiacchini!”

Come sei arrivata alla letteratura erotica, un genere che hai scoperto per caso? Cosa ti ha attratto inizialmente?

Sono arrivata per caso a questo genere in cui non mi ero mai cimentata prima. Scrivevo prevalentemente poesie! Diciamo che ho raccolto il guanto di sfida della persona di cui sopra! Non era facile parlare di letteratura erotica all’epoca, non esistevano ancora le fantomatiche “Cinquanta sfumature di grigio” e mi intrigava questa forma di trasgressione su carta! Pensa che all’inizio i miei non sapevano nulla della mia attività letteraria e dello pseudonimo!

Puoi raccontarci della tua esperienza come front-woman della band Atempoperso e del processo creativo nella composizione dei testi?

Nel 2003 il destino mi ha fatto incontrare Gaetano Todaro, musicista monopolitano, che all’epoca aveva una band alla ricerca di brani inediti da eseguire. Io avevo scritto molte poesie che si prestavano a essere messe in musica. Il primo brano si chiamava “Al di là di tutto” (poi divenuto il titolo di uno spettacolo portato in scena nel 2007); nella prima versione lo cantava Gaetano. Dopo il primo ascolto dissi: “Amico mio, il canto non fa per te!” Così entrai nella band (che prese il nome di Atempoperso) come autrice dei testi e cantante. Abbiamo scritto una sessantina di brani dal 2003 al 2020, anno in cui per colpa del Covid la band, che mi accompagnava durante le presentazioni e i reading, si è sciolta “fisicamente”. Le canzoni però esistono e di tanto in tanto le eseguo ancora oggi, usando le basi. I testi nascono per caso: a volte può essere uno stato d’animo, a volte anche solo una parola captata per strada a innescare il processo creativo. A volte, invece, c’è una specie di “voce” guida che mi spinge a scrivere… sembrerà una cosa strana, ma è così!

Nei tuoi reading fondi canto, lettura e recitazione. Come scegli le diverse forme artistiche da integrare nelle tue performance?

Come ripeto spesso ancora oggi, dopo 18 anni di attività, io sono fondamentalmente un’incosciente perché faccio cose che mi piacciono, come cantare e recitare, senza avere la preparazione adeguata. Scelgo di portare “in scena” ciò che mi piace, emoziona o diverte. L’idea di fondere le varie forme di espressione artistica deriva dal fatto che sono convinta che se facessi una presentazione classica e formale la gente si annoierebbe e mi annoierei anche io: ho scelto di mescolare arti e stili per non rompermi le balle io per prima!

Nel corso degli anni, hai esplorato vari generi letterari. Come descriveresti l’evoluzione del tuo stile di scrittura e i temi che preferisci trattare oggi?

L’etichetta di scrittrice erotica mi stava stretta. Non amo le etichette in generale, ma quella in particolare se da un lato apriva orizzonti, dall’altro chiudeva porte. Per questo ho scelto di scrivere, di volta in volta, storie che sentivo a me vicine in un particolare momento, dato che attingo spesso dalla realtà. Negli anni sono maturata, anche invecchiata e non sono più la persona spensierata degli esordi. Credo sia normale cambiare e portare quel cambiamento anche nella scrittura. Io parlo di donne e l’universo femminile è così variegato da offrire spunti e ispirazioni differenti di continuo. Così se in “Una donna (quasi) scaduta” parlavo di menopausa, nell’ultimo libro “La casa delle vedove” affronto il tema della perdita e del dolore. Forse è anche questo un segno del mio invecchiamento! Però ogni tanto delle digressioni nella letteratura erotica le faccio ancora!

“Donne che amano le donne” e “Edere. Amiche. Amanti. Donne” trattano temi connessi all’identità sessuale. Cosa ti ha ispirato a scrivere su questi argomenti e quale impatto speri abbiano sui lettori?

Nel 2006 ho scritto un racconto, “Per un amico”, in cui per la prima volta affrontavo il tema dell’omosessualità. In seguito, anche in “L’Eros, tanti colori una sola Tinta” ho raccontato storie in cui donne desideravano o amavano altre donne. Ma solo dopo essere entrata a far parte del collettivo “Lulù che fa storie”, nato dalla mente e dal cuore di Cristiana Danila Formetta, ho deciso di avvicinarmi maggiormente alle tematiche LGBT. “Donne che amano le donne” è stato una piccola sfida: un piccolo e-book che ha occupato il primo posto della Top 100 di Amazon per molte settimane, nella categoria Letteratura erotica lesbica. Ho capito che le mie storie piacevano e potevano veicolare indirettamente un messaggio di libertà, magari spronare qualcuno a fare delle scelte consapevoli e senza timori. Anche per questo è nato “Edere. Amiche. Amanti. Donne” un romanzo di formazione, anche se a contenuto blandamente erotico, in cui racconto il percorso lungo e accidentato, nell’arco di quasi quarant’anni, di un’adolescente barese degli anni ‘80, verso la consapevolezza di sé e della propria identità sessuale.

Cosa ti ha motivato a creare la rassegna “Parla come scrivi – gli autori si raccontano” e quali sono stati i momenti più memorabili delle due edizioni?

Esistono due livelli, se così possiamo dire, nell’universo culturale pugliese (non solo barese): il primo è costituito dagli autori noti, il cui nome è sulla bocca di tutti, che pubblicano best seller e collezionano successi; il secondo include, invece, tutti quegli autori minori che scrivono da una vita, che hanno all’attivo numerose pubblicazioni, ma sono sconosciuti al grande pubblico. Sono quegli autori che spesso non trovano spazi e contesti giusti in cui esprimersi anche se scrivono libri di qualità, perché non hanno grandi case editrici o una strategia di marketing alle spalle. Anche io appartengo sempre alla schiera degli emergenti-esordienti dopo 18 anni! Per questo motivo ho ideato la rassegna Parla come scrivi, perché volevo che autori come me che non sono sulle pagine delle riviste o in tv avessero lo spazio giusto per farsi conoscere, parlando non solo di libri, ma della propria vita, delle proprie passioni e delle motivazioni che li hanno portati alla scrittura. Ogni autore ha potuto esprimersi liberamente: qualcuno ha recitato, altri hanno cantato o esposto quadri, fotografie. Sono venute fuori le persone con la loro autenticità al di là delle pagine di un libro. Per me è stata memorabile la mia serata: ho cantato e recitato per più di un’ora intervistata da Livio Costarella! A parte gli scherzi, i colleghi sono stati tutti bravi e ognuno a modo suo memorabile.

Stai lavorando su nuovi romanzi e hai un manoscritto definito “pasoliniano”. Puoi darci qualche anticipazione sui tuoi progetti futuri e cosa possiamo aspettarci dalla tua prossima opera?

Ho completato uno dei lavori in stand-by proprio qualche giorno fa. È una storia più leggera degli ultimi libri, un viaggio tra realtà e mondo virtuale. Divertente, credo, ma con spunti di riflessione. Un altro racconto che sto completando è ancora una volta una storia al femminile, tra dolore e speranza. Nel manoscritto pasoliniano (così definito dai pochi che lo hanno letto in anteprima) racconto storie di adolescenti che vivono ai margini, figli di periferia, tra l’indagine sociale e il romanzo, un lavoro a cui tengo molto, ma che è ancora chiuso nel cassetto.

Descriviti in tre parole.

Autentica, brava (scrittrice) e… incosciente! Sono quattro se consideri la parola tra parentesi… meglio abbondare!

Sogno nel cassetto?

Vorrei tanto che un mio scritto finisse tra le mani di Ivan Cotroneo e ne traesse la sceneggiatura per una fiction o un film. È una delle persone che mi ha spronato alla scrittura e per me sarebbe un bel traguardo. Magari col romanzo pasoliniano ci riuscirò… chissà…

*foto in copertina di Enzo Petrarolo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *